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Sessismo e islam radicale Arabia ferma al medioevo

Nel regno saudita le donne guidano solo se autorizzate dai mariti e non possono accedere a tutte le università

Sessismo e islam radicale Arabia ferma al medioevo

Quelli di Erstes e Sapideh sono due nomi da tenere a mente, perché se la presenza delle donne negli stadi del Medio Oriente non è più un pensiero chimerico lo si deve a due ragazze di Teheran. L'8 giugno del 2005 si stava giocando allo stadio Azadi Iran-Bahrain, partita decisiva per le qualificazioni alla Coppa del mondo. Quando al cancello d'ingresso si avvicinarono due scriccioli imbacuccati in maniera sospetta i poliziotti capirono l'inganno e le condussero dentro una guardiola. Erstes e Sapideh finirono in carcere per essersi travestite da uomini e poter assistere alla partita. Fino a quel momento l'ingresso allo stadio era assolutamente vietato dai rigidi dettami degli ayatollah. Le due ragazze ispirarono il film Off side del regista Jafar Panahi, premiato al Festival del cinema di Berlino e anche lui incarcerato per aver mostrato al mondo una vergogna in salsa islamica: le donne non possono entrare allo stadio. Anzi, non potevano.

Oggi qualcosa è cambiato anche se nei Paesi del Golfo ci sono restrizioni e limitazioni che rendono difficile, se non impossibile, consentire alle donne di assistere a un evento sportivo se non accompagnate e velate. La querelle delle ultime ore sull'accesso allo stadio King Abdullah di Gedda, è solo, purtroppo, la punta dell'iceberg del vigliacco sistema sessista dell'Arabia Saudita, dove l'Islam radicale crea oscurantismo e scenari da medioevo. Gli stessi che hanno reso possibile il raccapricciante assassinio di Jamal Kashoggi nel consolato saudita di Istanbul, vicenda per la quale il Regno saudita è da ottobre sotto i riflettori del mondo.

Nei giorni scorsi la stampa di Riyadh ha presentato l'evento del 16 gennaio, l'arrivo di Juventus e Milan nel loro salotto buono, vantando di avere le zolle d'erba più floride al mondo nel cuore del deserto grazie al lavoro di vivaisti giunti appositamente da Londra. Ben guardandosi dal raccontare che allo stadio le donne locali potranno assistere alla gara solo se accompagnate da padri, fratelli o mariti. Quello del settore riservato è una fake news elaborata dal ministero degli Affari sociali per non perdere la faccia di fronte all'Occidente. L'ambasciatore saudita a Roma ha riferito che le donne entreranno da sole, ma potrebbe essere una soluzione studiata a tavolino per far fronte all'occhio indiscreto dell'evento in mondovisione. Salti mortali e specchietti per le allodole del resto sono stati predisposti anche in passato in occasione delle Olimpiadi: il Cio impone le quote rosa all'Arabia Saudita e il governo di Riad «obbedisce» inviando alla kermesse a cinque cerchi ragazze di origini saudite, ma che vivono da anni in Europa o negli Stati Uniti. La sottomissione è pressoché totale, e non riguarda soltanto lo sport, dove per altro la nazionale femminile di calcio è costretta a giocare soltanto all'estero, ma riguarda qualsiasi aspetto della quotidianità. È vero che l'anno scorso è stata concessa la possibilità anche alla donne di guidare l'auto ma solo se autorizzate dai mariti. Inoltre, l'università la facoltà di Ingegneria continua a essere accessibile solo agli uomini e solo dal 2005 sono garantite limitate presenze femminili ad Architettura.

Nella primavera del 2015 si sfiorò l'incidente diplomatico tra Madrid e Riad quando l'azienda spagnola Fcc Construccion, che aveva vinto l'appalto per la costruzione della metropolitana della capitale saudita, inviò nel Paese del petrolio gli ingegneri Almudena Alvarez, Berta Tapia e Maria Gutierrez: Las mujeres tecnologicas. Avrebbero dovuto dirigere 500 operai che non riconobbero il loro ruolo entrando in sciopero senza il minimo preavviso. «Non avevamo il permesso di guidare - raccontano -, dovevamo avvalerci dell'unico che aveva accettato di mettersi a disposizione di tre donne europee.

Era la stessa persona che ci accompagnava a fare la spesa o che garantiva per tutte e tre quando andavamo al ristorante».

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