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"Silvia uccisa in uno scontro". L'Italia: "Fate indagare noi"

La Romano sarebbe rimasta vittima di una sparatoria tra bande. Rogatoria senza risposta della Procura

"Silvia uccisa in uno scontro". L'Italia: "Fate indagare noi"

La Procura di Roma e i Ros dei Carabinieri vogliono vederci chiaro. Le notizie preoccupanti sul destino di Silvia Romano, la volontaria 23enne milanese rapita lo scorso 20 novembre nel villaggio di Galana Kulalu, nei pressi dell'agglomerato urbano di Chakama, località balneare a 80 chilometri da Malindi, fanno tremare i polsi. Secondo quanto pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano di Nairobi The Star, la giovane sarebbe stata ferita a morte nel corso di una sparatoria tra il gruppo di predoni che l'aveva sequestrata e una cellula di Al Shabaab, i jihadisti somali che avrebbero dovuto «comprarla» per poi chiedere all'Italia un riscatto ufficiale. La notizia ha avuto parecchia eco in Kenya, ma il locale ministro degli Interni, Joseph Nkaissery, non ha voluto né confermare e neppure smentire la clamorosa indiscrezione, limitandosi a dire di essere «in contatto con le autorità italiane. C'è piena collaborazione e ne verremo a capo».

Affermazione che stride con quanto sostengono gli inquirenti italiani, piuttosto infastiditi dall'atteggiamento di chiusura degli omologhi africani. Non a caso proprio ieri la Procura di Roma ha fatto sapere di essere in attesa di una risposta dalle autorità kenyote dopo l'invio di una rogatoria internazionale in relazione alla vicenda di Silvia. Fonti giudiziarie precisano che nella rogatoria gli inquirenti chiedono ai colleghi di Nairobi di potere condividere gli elementi di indagine acquisiti dalla magistratura locale e in particolare le testimonianze e l'attività istruttoria svolta per risalire agli autori del rapimento.

Da piazzale Clodio, sede della procura romana, spiegano di avere intenzione di inviare nel più breve tempo possibile un team di inquirenti sul luogo del rapimento. In una nota il pm Sergio Colaiocco riferisce che si tratta di un «segno di particolare attenzione poiché messa in atto solo in casi particolari». Vale la pena ricordare che già poche settimane dopo il rapimento uomini dei servizi segreti si erano recati sul posto trovando una scarsa collaborazione da parte degli inquirenti, unita a una certa sufficienza nell'attività investigativa.

Le autorità italiane sono ovviamente allarmate non solo per il silenzio sulla vicenda e per la mancata richiesta di un riscatto, ma anche per il contenuto dell'articolo del The Star, firmato da Alphonse Gari, giornalista che ha seguito la storia di Silvia fin dalle prime fasi e che non appartiene alla lista dei cronisti da fake news.

Secondo la ricostruzione del notista Silvia sarebbe stata uccisa addirittura a inizio febbraio durante il passaggio di consegne da una banda all'altra. Il motivo della sparatoria andrebbe ricercato nel mancato accordo sul prezzo, nel quale sarebbe stata inserita anche una partita d'avorio. Gari nel suo articolo cita fonti della polizia locale e addirittura fa leva sul racconto di alcuni testimoni oculari che avrebbero assistito al conflitto a fuoco che si sarebbe consumato a una trentina di chilometri dal confine con la Somalia. La polizia non sembra tra l'altro aver messo in campo misure importanti, limitandosi, sempre secondo il The Star, a scoraggiare movimenti notturni attraverso il fiume Sabaki e bloccando il confine tra il Tana e il Lamu per impedire ai sospettati di fuggire in Somalia.

Nemmeno il fermo di Ibrahim Adan Omar, considerato uno dei primi rapitori, ha smosso le acque che anzi si sono fatte più torbide, con il capo della polizia locale che nelle scorse settimane ha lasciato l'incarico.

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