Il solito vizietto della sinistra giudiziaria: candidare un magistrato per uscire dai guai

Il riflesso pavloviano del Pd: nella rosa per il post Decaro ci sono quattro ex toghe

Il solito vizietto della sinistra giudiziaria: candidare un magistrato per uscire dai guai
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Il nome della rosa o in nome della legge? Chi aveva ancora dubbi sul riflesso pavloviano della sinistra guardi il foglietto dei papabili a sindaco di Bari del centrosinistra da candidare l'8 e 9 giugno prossimi: Gianrico Carofiglio, ex magistrato ed ex senatore Pd; Anna Maria Tosto, magistrato in quiescenza, ex Pg di Bari (data per favorita); il di lei marito Pietro Curzio, ex primo presidente della Corte di Cassazione; Nicola Colaianni, ex magistrato e parlamentare del Pds. Lo stesso Michele Emiliano, giova ricordarlo,è un pm antimafia in aspettativa.

Come per il cane dello scienziato russo Ivan Pavlov, che ha fame solo quando il padrone suona il campanello, il riflesso condizionato della sinistra, ogni qual volta che si sente nell'angolo, è uno e uno soltanto: schierare le toghe. È il frutto amaro del peggior forcaiolismo partorito con Mani Pulite e incarnato da Antonio Di Pietro. Come se questo bastasse a garantirsi un'aurea di legalità. Invece è una mossa ormai stonata, vista la deriva della magistratura e i troppi flirt interessati con la sinistra dimostrati dagli scandali denunciati da Luca Palamara. , che dimostrano ancora una volta la sudditanza della governance di Pd e M5s alla sinistra giudiziaria.

Dopo Tangentopoli nella XIII legislatura gli ex magistrati eletti in Parlamento dal 1996 al 2001 furono 26, poi in quella successiva salirono a 34, il 3,5% del totale.Oggi la percentuale è molto più bassa. Certo, anche alle recenti Politiche il centrodestra ha deciso di schierare dei magistrati in Parlamento, vedi Carlo Nordio oggi Guardasigilli o Simonetta Matone per la Lega, così come in passato ci sono stati altri illustri ex magistrati, vedi Alfredo Mantovano oggi sottosegretario a Palazzo Chigi.

Ma un conto è pescare le migliori personalità di spicco, un altro è considerare le toghe una sorta di short list, di riserva della Repubblica, come la cavalleria o il soccorso rosso. Prendiamo gli ultimi tre procuratori capo dell'Antimafia. Pietro Grasso, Franco Roberti e Federico Cafiero de Raho hanno scelto - legittimamente - di andare in Parlamento con la sinistra, offuscando di fatto la bontà del loro operato, quasi fosse dettato da un qualche condizionamento politico. Ma l'elenco di pm battaglieri passati armi e bagali a sinistra, agitati alle urne come simulacri pur di raccattare qualche voto, è sterminato: Roberto Scarpinato, Luigi de Magistris, Antonino Ingroia, Gerardo D'Ambrosio, Giuseppe Ayala, Cosimo Ferri, Felice Casson, Anna Finocchiaro, Doris Lo Moro, Donatella Ferranti.

È anche successo che un magistrato con un passato a sinistra in Parlamento si trovasse, con indosso la toga, a decidere il destino di un suo ex collega. L'ex direttore del Giornale Augusto Minzolini fu condannato a 2 anni e 9 mesi come senatore di Forza Italia da un collegio del quale faceva parte Giannicola Sinisi, ex parlamentare della Margherita. Non sappiamo se la sentenza aveva un sapore politico o meno, il dubbio resta e non depone in favore della giustizia.

La recente riforma dell'ex Guardasigilli Marta Cartabia, proprio per evitare le porte girevoli tra toghe e politica, ha stabilito l'ineleggibilità dei magistrati che prestano (o hanno prestato servizio) nei tre anni precedenti, sul territorio per i quali intendono candidarsi. Vale per Parlamento, Bruxelles e Regione, varrà anche se la scelta cadesse sull'ex Pg Tosto?

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