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Sostegno all'esercito ucraino e Brexit per rilanciare i valori dei conservatori

L'ex ministra degli Esteri andrà probabilmente a Kiev nella prima visita ufficiale all'estero. La linea più dura con Bruxelles

Sostegno all'esercito ucraino e Brexit per rilanciare i valori dei conservatori

Continuità. In questo si sostanzia il successo di Liz Truss nella corsa per diventare leader del partito conservatore, conclusasi venerdì e ufficializzata ieri. Continuità con il governo Johnson, di cui Truss è stata uno dei corifei più accesi e uno dei membri più in vista, ricoprendo la carica di ministra degli esteri da settembre dell'anno scorso. Dodici mesi la cui gravità e importanza nella storia e politica europee è difficile sottostimare. «Voglio ringraziare il nostro leader uscente, Boris Johnson. Boris, hai realizzato la Brexit. Hai sconfitto Jeremy Corbyn. Hai organizzato la risposta vaccinale e ti sei opposto a Vladimir Putin. Sei ammirato da Kiev a Carlisle».

Continuità innanzitutto nella politica inglese verso la guerra in Ucraina. Il Regno Unito ha assunto sin da subito un ruolo guida nella risposta occidentale all'invasione russa, addirittura prima dello scoppio del conflitto quando, prestando ascolto ai timori di intelligence e analisti, Londra si prodigò in un programma di addestramento delle truppe di Kiev, una delle principali ragioni della sorprendente tenuta dell'esercito ucraino. L'invio massiccio e continuo nel corso di questi ultimi mesi di droni, pezzi d'artiglieria, sistemi radar e soprattutto armi anticarro è stato uno dei due perni della risposta inglese all'aggressione russa. E tale rimarrà con Truss alla guida del governo inglese. Di ieri la notizia riportata da Sky che i cicli di addestramento di truppe ucraine che Londra sta portando avanti nel Regno Unito sono stati estesi da tre a cinque settimane, includendo anche tattiche di guerra urbana. Vi sono poi le sanzioni economiche contro Mosca che nessuno in riva al Tamigi si sogna di mettere in discussione, di certo non Truss. L'ostilità che Mosca riserva alla nuova prima ministra inglese è totale, vista come espressione di assoluta continuità della politica estera del governo Johnson, condivisa e porta avanti da Truss quand'era ministra degli esteri. A ulteriore riprova, è probabile che in una delle sue prime visite diplomatiche Truss si rechi in Ucraina, un viaggio dall'evidente valore simbolico.

Un secondo aspetto di continuità con il governo Johnson sarà la gestione dei rapporti con l'Unione Europea su Brexit. Al netto dei proclami elettorali, in cui si è addirittura detta incerta se il presidente francese Macron sia un partner o un nemico, Truss porterà avanti la linea di scontro con Bruxelles sul Protocollo dell'Irlanda del Nord, considerato una minaccia per la stabilità e la pace nella regione. Durante la campagna referendaria del 2016 Truss sostenne il remain, salvo poi convertirsi successivamente alla fede Brexit. Ora, con il fervore dei neo convertiti, promette di eliminare tutte le leggi europee obsolete che ancora sono in vigore nel Regno e di risolvere la questione Irlanda del Nord spingendo sull'approvazione della legge che consentirebbe unilateralmente agli inglesi di disapplicare parti del Protocollo e dei relativi controlli doganali.

Se anche nelle politiche di controllo dell'immigrazione Truss ha promesso di muoversi nel solco del precedente governo, raddoppiando gli sforzi per inviare richiedenti asilo e immigrati in Rwanda, tuttavia è nella politica interna che cercherà di smarcarsi da Johnson, con tagli di tasse e uno Stato più magro che mirano a ricompattare il partito conservatore attorno ai suoi valori più radicati.

Ha fatto di tutto per apparire come la nuova Thatcher, viste le sfide che ha davanti ha poche settimane per dimostrare di esserlo.

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