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Spari sulla folla e morti: la polizia incendia i camion umanitari

I militari disertano. Maduro. «Rivoluzione se mi succede qualcosa». Guaidó: «Vittoria vicina»

Spari sulla folla e morti: la polizia incendia i camion umanitari

San Paolo - Venezuela sempre più nel caos. Ieri la polizia ha sparato sulla folla e ha incendiato i camion umanitari. Maduro minaccia: «Se mi accade qualcosa, sarà la rivoluzione», mentre Guaidó rilancia: «Il popolo è con noi. La vittoria è vicina». Doveva essere la giornata degli aiuti e invece è stata l'ennesima giornata di sangue per il Venezuela. Epicentro della battaglia, ancora una volta, Santa Elena de Uairén, la capitale degli indios Pémon, a pochi chilometri dal confine brasiliano. Maduro ha dato ordine ai suoi «collettivi» armati in moto di sparare ad alzo zero. Decine i feriti e si cominciano a contare i morti, almeno quattro secondo Alfredo Romero, dell'ong Foro Penal. Drammatica la testimonianza di un commerciante locale: «Da ieri questa è una zona di guerra. Siamo barricati in casa. Saccheggiano negozi e sparano all'impazzata». Mentre hanno fatto il giro del mondo le immagini di due tank della guardia bolivariana che sul ponte Simon Bolivar, alla frontiera colombiana di Cúcuta, hanno infranto le barriere messe dalla dittatura di Maduro per bloccare gli aiuti. I quattro militari che erano dentro si sono subito messi a disposizione di Guaidó che poi li ha ringraziati di persona. Due episodi questi che, nella drammatica escalation di violenza delle ultime ore, evidenziano come in realtà il regime sia sempre più alle corde e che non potendo più contare sull'esercito, i cui militari disertano sempre più, ha deciso di giocare il tutto per tutto facendo ricorso a centinaia di collettivi armati che ha dispiegato sulle frontiere. Inoltre, secondo quanto dichiarato dal senatore statunitense Marco Rubio, sono stati individuati diversi agenti cubani inviati da Maduro per guidare azioni violente di repressione. Quanto agli aiuti umanitari il primo camion ad arrivare ieri in Venezuela è entrato dal Brasile mentre sul fronte colombiano nella città di Cúcuta sotto gli occhi del presidente ad interim Juan Guaidó altri camion si preparavano a superare la frontiera. Aiuti umanitari accolti con giubilo dalla folla mentre il presidente Trump dagli Stati Uniti via Twitter faceva sentire tutta la sua vicinanza scrivendo «Dio benedica il popolo del Venezuela». Ma alcuni dei camion che sono riusciti ad entrare sono stati poi attaccati dagli sgherri del regime che li hanno bruciati. Eppure aveva colpito - dopo che Maduro aveva minacciato per giorni di non voler far entrare neanche uno scatolone di medicinali - che proprio ieri il numero due del regime, Diosdato Cabello, avesse dichiarato: «Non accadrà nulla, chi non può entrare sono solo i militari stranieri. Poi se i venezuelani si vogliono mangiare cibo avvelenato, questo è un problema loro ma qui può passare di tutto». Mentre è apparso subito sinistra la dichiarazione di Maduro, che nel frattempo ha chiuso anche lo spazio aereo, in cui annunciava mobilitazioni in tutto il paese «per difendere la nostra indipendenza. Il golpe è fallito. Non ci sarà guerra nella patria di Bolívar e Chávez, qui trionferà la pace. Il Venezuela si rispetta».

Parole che risuonano però in piazze sempre più vuote, nonostante i 3000 bolivares al giorno che la dittatura paga a chi manifesta per lei.

Il Venezuela sta a fianco di Guaidó che continua a motivare la popolazione. «Stiamo arrivando con tonnellate di aiuti -ha detto ieri quando il primo camion entrava- mentre l'usurpatore Maduro oggi ha solo soldati che disertano e alti funzionari che la condannano o che se ne sono già andati in Turchia.

Riusciremo a far entrare gli aiuti, sì o sì».

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