Guerra in Ucraina

La storia si ripete

La guerra scatenata da Mosca è il passato che ritorna. Budapest 1956: stessi invasori, stessa resistenza, democrazie a rischio. E anche oggi un dittatore: Putin come Stalin

La storia si ripete

Ha minacciato «conseguenze mai sperimentate» per chi si mette in mezzo, ma non è vero. Non è una guerra nuova quella che Putin ha promesso, ma un conflitto antico, il passato che ritorna sulla torretta dello stesso carrarmato. Kiev 2022 è Budapest 1956. Stessa rivolta, stesse scene, stessi invasori. Allora Imre Nagy, il capo della rivoluzione libertaria antisovietica, fu attirato dai russi in un tranello e impiccato. È la fine, dichiarata, che gli eredi dell'Armata Rossa vogliono fare a Volodymyr Zelenskyi, 66 anni dopo.

Le immagini parlano da sole. E raccontano l'angoscia, il dolore, il terrore di quei terribili e interminabili giorni in cui cinquemila carri armati sovietici invasero Budapest e soffocarono nel sangue, quasi tremila morti, la rivolta contro il regime comunista: a combattere anche allora c'erano studenti, operai, donne, intellettuali, sportivi. Sono identiche le ragazze in mimetica dagli occhi grandi, poco più che bambine, che consegnano la vita alla trincea, la gioventù che si sposa alla libertà finchè morte non vi separi; identici i carri armati arrivati da Mosca; identici i palazzi sventrati dalle cannonate; identici i civili che cercano riparo nei bunker con le poche cose rimaste.

Dicono che Putin sia il nuovo Hitler, ma anche questo non è vero. Putin è il nuovo Stalin: è alla sua scuola, non solo filosofica, che l'ultimo tiranno è cresciuto. É il ritratto di Stalin che gli ungheresi bruciano nelle piazze del '56, è il ritratto di Putin quello che oggi viene consegnato alle fiamme. L'Ungheria come l'Ucraina e la Cecoslovacchia del '68, quella di Jan Palach e dei «ragazzi torcia», Josef Hlavaty, Jan Zajíc, Even Plocek, Ryszard Siwiec, fratelli delle 13 guardie di frontiera dell'Isola dei Serpenti e di Vitaly Skakun Volodymyrovych, kamikaze per la Patria. Anche allora l'Occidente restò a guardare.

Indro Montanelli, inviato in Ungheria, trasformò quella rivolta in manifesto: «La Storia non va avanti a forza di saggezza, in nome della quale nessuno ha mai trovato il coraggio di morire. Quel che muove è la pazzia, e mai pazzia fu più sublime di quella degli studenti di Budapest. Nessuna vita d'uomo, per quanto longevo, sarà stata così ricca e piena come quella, spezzata a venti anni, dei ragazzi di Budapest che la lanciarono contro le corazze dei carri armati». Non tutto però resta uguale. Nel centro di Praga non c'è più Piazza Armata Rossa.

Adesso quella Piazza si chiama Jan Palach.

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