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Lo strabismo dell'Europa: sanziona Erdogan ma gli consente di censurare le idee libere

Nuove polemiche sulla commissione Seta che ha messo all'indice «il Giornale»

Lo strabismo dell'Europa: sanziona Erdogan ma gli consente di censurare le idee libere

Il terrorismo jihadista è una minaccia, ma sfogliare il suo «album di famiglia» è vietato. Prosciugare l'area grigia dell'indifferenza e della compiacenza non si può. Ce lo vietiamo da soli. Una battaglia culturale come quella in Italia ha permesso di piegare il terrorismo politico non può neanche iniziare se l'Europa si fa scrivere l'agenda da chi vuole censurare ogni voce critica. E si arriva al paradosso dell'Ue che affida il «check-up» sul suo stato di salute e di tolleranza alla Turchia, osservata speciale dalle organizzazioni per i diritti umani.

L'Europa appare strabica: un palazzo vota per introdurre sanzioni contro Ankara per il suo intervento militare in Siria, e intanto un altro palazzo concede un finanziamento a progetto di una fondazione (Seta) considerata legata al partito di governo e artefice un rapporto in cui, dietro al paravento arbitrario della cosiddetta «islamofobia», si mettono all'indice i media critici. E non solo. Il rapporto Seta, per esempio, parla anche di «illegittimità» degli standard della legge regionale lombarda sui luoghi di culto. «Contesto che l'Ue affidi alla Turchia uno studio simile - commenta la madre della legge, Viviana Beccalossi - non prendiamo lezioni da loro, in ogni caso quel passaggio dimostra che non sanno di cosa parlano. Quella legge, votata dalla terza assemblea legislativa d'Italia, è perfettamente in vigore, se non per aspetti marginali».

Il paradosso ieri lo ha rilevato il Corriere della Sera, con Pierluigi Battista che ha parlato di una «parodia di tribunale della verità» e di «liste di proscrizione contro giornali e giornalisti che fanno semplicemente il loro dovere». Quanto all'uso di questa «islamofobia», per Battista avrebbe «un valore intimidatorio verso chiunque osi criticare i regimi autoritari prigionieri dell'islamismo integralista».

C'è qualcosa di kafkiano nel rapporto fra l'Unione europea ed Erdogan. A fine ottobre, nei primi giorni della campagna contro i curdi, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che propone sanzioni contro Erdogan. Ieri poi, i ministri degli esteri Ue hanno adottato un quadro di misure restrittive in risposta alle attività di trivellazione non autorizzate della Turchia. Il regime turco fa la voce grossa, «Erdogan minaccia» si dice nelle capitali europei e sui media occidentali. Ma Erdogan detta legge proprio in Europa, a quanto pare.

Eppure lo stesso Parlamento europeo lo aveva messo nero su bianco, nella risoluzione varata a novembre 2018 sui lavori della commissione speciale sul terrorismo: individuava i pericoli insiti nelle «narrative di radicalizzazione estremista» e in una «letteratura specificatamente wahhabita e salafita infarcita di discorsi che inneggiano all'odio». E considerava come «il fondamentalismo islamico radicale aspira a far sì che la religione domini tutte le sfere della vita individuale, politica e sociale la cui conseguenza può essere una forma di comunitarismo sensibile alle azioni dei reclutatori jihadisti». Le relatrici avevano inquadrato bene il doppio livello del conflitto, operativo e anche culturale.

Poi l'Europa si è persa.

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