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Strauss Kahn, Fillon, Le Pen: toghe protagoniste

Dall'ex Fmi alle recenti bufere giudiziarie: nella corsa all'Eliseo entrano in scena i giudici

Strauss Kahn, Fillon, Le Pen: toghe protagoniste

Probabilmente non sarebbe stato neppure Francois Hollande, il presidente che oggi lascia l'incarico con il più basso grado di gradimento nella storia. Probabilmente, se non ci fosse stato lo scandalo di New York a distruggere il candidato più quotato della sinistra d'oltralpe la storia avrebbe preso una strada diversa.

Dominique Strauss Kahn era lanciatissimo, ritenuto uno dei possibili candidati «di prestigio» del Partito Socialista francese alle elezioni presidenziali del 2012, un'autostrada spianata per l'Eliseo, direttore generale del Fondo monetario internazionale e papabile sfidante di Nicolas Sarkozy. La mattina del 14 maggio del 2011 era seduto in prima classe sull'Air France 023 pronto a decollare per Parigi quando tre poliziotti l'hanno raggiunto, appena in tempo prima che le porte si chiudessero. «Che cosa è successo? Cosa volete?» Era quello l'inizio della caduta. Una cameriera del lussuoso albergo dove alloggiava, il Sofitel di Times Square, l'aveva accusato di aggressione sessuale. Lo choc e lo scandalo, le indagini, le prime pagine di tutto il mondo, le chiacchiere e le manette, quei capelli spettinati e lo sguardo allucinato davanti ai fotografi d'assalto, il carcere e la caduta clamorosa di un uomo potente, la lettera di dimissioni dal Fondo Monetario, la fine della discesa in politica, l'accusa di complotto contro di lui. «Va a finire che qui troveranno una donna che mi accuserà di averla violentata in un parcheggio pubblico e a cui avranno prima promesso 500 mila o un milione di euro per inventarsi una panzana così», tentava di difendersi sulle pagine di Liberation. Ancora oggi un sondaggio dell'agenzia francese Cpa dice che il 57 per cento dei francesi è certo che Dsk sia stata vittima di un complotto. Ma oggi poco importa. All'Eliseo è salito Hollande, il peggiore dei presidenti francesi, talmente scarso che ha preferito non ricandidarsi per un secondo mandato. Cosa mai successa prima.

I giudici francesi che entrano a gamba tesa nella corsa all'Eliseo. Con tempismo perfetto, quando più clamore possono fare. Ne sa qualcosa Francois Fillon indagato per il «Penelopegate». Il candidato della destra conservatrice era già da qualche tempo nel mirino della magistratura per aver corrisposto dei salari a sua moglie Penelope, anche lei indagata e ai figli per dei compiti di assistenti parlamentare che invece non avrebbero mai svolto. Offensiva giudiziaria che ha dato i suoi frutti. Più disinvolta Marine Le Pen che assediata dai giudici ha detto: «Non risponderò ai giudici durante la campagna elettorale». Le Pen ha risposto picche alla richiesta degli inquirenti di essere ascoltata per il caso dei presunti incarichi fittizi al Parlamento europeo. «Questo momento - ha aggiunto - non permette né la neutralità né la serenità necessaria al funzionamento della giustizia». Ecco.

È il tempismo che fa riflettere.

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