Afghanistan in fiamme

Studentesse velate dalla testa ai piedi. La furba strategia dei nuovi padroni

In un decreto il codice di abbigliamento per l'università: niente burqa, ma abaya e niqab. E il risultato finale non cambia

Studentesse velate dalla testa ai piedi. La furba strategia dei nuovi padroni

I talebani avanzano nel Panshir, unica provincia che ancora non controllano. Avrebbero ucciso il portavoce della resistenza Fahim Dashti, ma la battaglia non è ancora vinta. Nemmeno il nuovo governo dell'Emirato islamico è stato ancora annunciato. Eppure gli «studenti» del Corano, vecchi e nuovi padroni dell'Afghanistan, non perdono tempo a decidere i destini delle donne e ad accanirsi su di loro. Nella provincia di Ghor, a Firozkoh, nel cuore del Paese, una poliziotta è stata uccisa. Senza pietà, davanti agli occhi dei familiari. Nonostante fosse incinta, all'ottavo mese. Le foto esibite dai parenti della vittima, Banu Negar, mostrano il viso della poliziotta sfigurato. Probabile un'esecuzione per vendetta: lavorava in un carcere.

Non è l'unica brutta notizia per le donne, in attesa di conoscere il loro destino, e chissà quali diritti, nel nuovo Afghanistan. L'ultima riguarda il codice di abbigliamento fissato in un decreto dei talebani alla vigilia della riapertura dell'anno accademico, che ricomincia oggi. Secondo il ministero dell'Istruzione Superiore, per poter frequentare le università le studentesse dovranno indossare un abaya nero, con un niqab che copre il volto. Niente burqa, ecco la novità vestita da apertura rispetto al regime talebano di fine anni Novanta. Ma grattando sulla superficie dell'annuncio non è difficile accorgersi che l'abaya è il lungo camice, tradizionalmente nero, che arriva fino ai piedi. Unito al niqab, il velo che copre volto e capelli, di fatto farà sparire le donne quasi come un burqa. Unica differenza: gli occhi resteranno scoperti. Ecco la novità vestita da traguardo. Un minuscolo passo avanti che ha lo stesso risultato: cancellare le donne, la loro identità, appena pochi giorni dopo aver annunciato la segregazione con la fine delle classi miste. Ma non è tutto. Le studentesse avranno insegnanti donne e se non ce ne fossero «docenti più anziani» dalla specchiata moralità. E dovranno lasciare le aule cinque minuti prima dei maschi, aspettando in sala d'attesa che lasciano i locali.

È l'ennesimo schiaffo dei talebani, ammantato da carezza, dopo le bastonate sulle manifestanti di sabato, quando un gruppo di una sessantina di afghane è sceso in strada a Kabul per chiedere di poter studiare, lavorare e partecipare al nuovo esecutivo. Dopo aver consigliato alle donne di restare a casa per «questioni di sicurezza», dopo aver minacciato e cercato casa per casa giornaliste e attiviste, dopo aver messo al bando le voci femminili in tv e radio nella provincia di Kandahar, ecco le nuove disposizioni piombate sulla testa delle ragazze dell'Afghanistan. Un altro bluff dei talebani. Un altro modo di mostrarsi cambiati, senza aver cambiato la sostanza del loro estremismo religioso basato sulla sottomissione delle donne. Alle quali verrà concesso di studiare, ma coperte dalla testa ai piedi. Una richiesta - è bene ricordarlo - che per disperazione anche alcune delle donne che hanno marciato a Kabul avevano avanzato, dicendosi disposte ad accettare il burqa, pur di poter tornare all'università. Una battaglia per un diritto elementare. Con l'annuncio sul codice di abbigliamento all'università che è arrivato proprio mentre il mullah Baradar, futuro leader del nuovo governo talebano, incontrava il sottosegretario delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Martin Griffiths, a Kabul per parlare di diritti umani. La comunità internazionale freme per avere garanzie. Ma il nuovo governo dell'Emirato islamico non c'è ancora, anche se arriverà «molto presto». Il suo futuro è appeso alla battaglia del Panshir, dove i talebani combattono il Fronte della resistenza di Ahmad Massoud con le armi lasciate dagli Stati Uniti. Ci sono fucili M4 e M16, occhiali per la visione notturna.

Le divise dei talebani, quelle sì, si sono evolute.

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