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"Su Marte entro il 2030". Ma quante incognite sull'annuncio di Obama

La Nasa ci lavora da tempo. Tra i "problemi" il viaggio per tornare a casa e i raggi cosmici

"Su Marte entro il 2030". Ma quante incognite sull'annuncio di Obama

Un dato perlomeno è ufficiale. L'esplorazione spaziale sta tornando di moda. Come negli anni '60, all'indomani delle dichiarazioni di JF Kennedy - era il 1962 - con le quali prometteva la conquista della Luna nel giro di pochissimi anni. Promessa mantenuta. Poi non si è più fatto nulla di così eclatante, ma non sono mancati traguardi eccezionali, come l'atterraggio su una cometa (la missione Rosetta) e la mappatura di Plutone, a opera della sonda New Horizons. E oggi? Lo racconta Barack Obama, presidente americano alla fine del suo doppio mandato, in un articolo apparso ieri sul sito della CNN: «Entro il 2030 arriveremo su Marte». Certo, Marte non è la Luna, è molto più lontano, tuttavia sono passati quasi 50 anni dal primo allunaggio, ed è lecito presupporre che l'industria spaziale abbia fatto passi da gigante. Dunque, andare su Marte sarebbe anche possibile, ma a che prezzo?

Obama parla della possibilità di poter reggere sulle sue spalle i nipotini, in attesa del ritorno di una nuova missione umana sul Pianeta rosso. Ma per il momento è ancora fantascienza. E benché la Nasa ci lavori da tempo, sono molti i quesiti da risolvere. Al punto che non è ancora tramontata l'ipotesi del viaggio di sola andata ideato da Mars One, progetto del ricercatore olandese Bas Lansdorp, previsto per il 2025. Come dire: fin là gli astronauti possiamo pure mandarceli, poi però nessuno sa se e come potranno tornare. In molti hanno aderito al progetto. Dei condannati a morte. Ci ha infatti ripensato il ventiseienne Pietro Aliprandi, l'unico candidato per l'Italia, che pochi giorni fa ha confermato di rinunciare alla partenza per amore di Elena, sua futura sposa. Due anni fa i tecnici del Mit di Boston furono fin troppo espliciti: alle condizioni dettate dal protocollo Mars One, la prima colonia di umani su Marte non vivrebbe più di 68 giorni. Punto a capo. Obama verrebbe dunque cinque anni dopo la promessa di Lansdorp. Ma in un lasso di tempo così esiguo non si può pretendere che l'industria aerospaziale possa aver incrementato chissà quanto le sue potenzialità. In pratica se è azzardata l'idea di Lansdorp, potrebbe essere altrettanto ambigua la promessa di Obama. Il condizionale è d'obbligo, perché c'è una cosa su cui non ci sono dubbi: il futuro dell'esplorazione spaziale potrà avere luogo solo grazie alla collaborazione fra pubblico e privato.

«Siamo già molto avanti sotto questo aspetto», rivela il capo della Casa Bianca, «e dunque l'arrivo su Marte richiederà la continua cooperazione fra il governo e gli innovatori privati». SpaceX di Elon Musk e la Boeing di Dennis Muilenberg stanno facendo sul serio. Da anni. Con due progetti in cantiere: Space Launch System, del primo, mira alla realizzazione di un vettore che possa trasportare tonnellate di materiale sul Pianeta rosso; Interplanetary Transport System, di Muilenberg, pensa a un servizio navetta Marte-Terra.

Il più grande interrogativo? I raggi cosmici. La bestia nera della conquista marziana. Si sa che fanno male, ma non si sa quanto e quali impedimenti potrebbero determinare. L'Università della California ha provato a stimare le conseguenze di una lunga esposizione a questo tipo di radiazione e i risultati sono sconfortanti. Topi bombardati con particelle di ossigeno e titanio ionizzati hanno confermato un rapido e inesorabile declino cognitivo. I neuroni non comunicano più come dovrebbero e si possono solo immaginare le gravi ripercussioni che potrebbero esserci a livello mentale: depressione, ansia, demenza, problemi alla vista e all'udito. Insomma, un giorno, quasi sicuramente, l'uomo muoverà il primo passo sulla polvere rossa di Marte, ma siamo solo all'inizio.

Come dice Matt Damon in Sopravissuto, protagonista di un'odissea marziana: «Non mi rimane che una possibilità: usare tutte le mie conoscenze scientifiche per venirne fuori».

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