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Svolta tunisina: una donna candidata presidente

Una giudice in lizza per l'elezione a capo dello Stato: l'unica tra i venti in corsa

Kalthoum Kannou, giudice di Cassazione e Commissario alla Corte internazionale di giustizia
Kalthoum Kannou, giudice di Cassazione e Commissario alla Corte internazionale di giustizia

La Tunisia si vanta non soltanto d'essere la culla delle rivolte arabe del 2011, ma anche l'unico Paese della regione in cui procede a fatica una lenta e accidentata transizione democratica. Una donna candidato presidente per la prima volta nella storia moderna del Paese è un nuovo primato per la piccola nazione. Kalthoum Kannou, magistrato della Corte Costituzionale, è infatti l'unica donna tra gli oltre 20 sfidanti per una carica simbolica. Il presidente tunisino svolge un ruolo cerimoniale, ma la sua poltrona è quella che è stata dell'icona della politica nazionale, Habib Bourguiba.

Sui muri delle principali città tunisine, i cartelloni elettorali delle parlamentari di ottobre si confondono con quelli delle presidenziali di domenica. Su uno sfondo giallo, c'è anche il viso sorridente di Kalthoum Kannou, giudice e attivista femminista che però ha recentemente detto in un'intervista alla radio Mosaique di non essere «il candidato delle donne, ma il candidato di tutti i tunisini». Giornali e analisti sottolineano il robusto simbolismo della sua candidatura, in un Paese che ben prima delle rivolte arabe è stato, in anticipo su tutta la regione, all'avanguardia per i diritti delle donne. «La mia candidatura è un messaggio forte - ha detto ai microfoni di radio Shems FM - significa che le donne tunisine possono fare concorrenza agli uomini nei posti in cui si decide la politica». Nata nel 1959, la piccola signora Kannou viene da una famiglia con un passato nel radicato mondo dei sindacati tunisini. Benché le sue possibilità di successo come candidato indipendente siano fragili, il suo curriculum di attivista e di oppositore politico al regime del deposto rais Zine El Abidine Ben Ali la rende un volto conosciuto da decenni nel Paese. Nel 2001, quando era già un giudice affermato, il ministro della Giustizia di Ben Ali le chiese di diventare presidente dell'associazione nazionale dei magistrati. Al suo rifiuto - «non diventerò un portavoce del regime» - sarebbero iniziati i guai per Kannou, poco dopo trasferita d'ufficio a 160 chilometri dalla capitale, nella cittadina di Kairouan. Qui, come racconta anche un documento di Amnesty International del 2010, intitolato «Voci indipendenti ridotte al silenzio», è stata anche fisicamente assalita in tribunale. A metterla al centro delle attenzioni nazionali è stato soprattutto nel 2010 il mandato di comparsa spiccato nei confronti di Moez Trabelsi, nipote della moglie del rais, membro di quel clan familiare odiato dalla popolazione per la sua corruzione, finito nelle cronache internazionali con la pubblicazione dei cablogrammi di Wikileaks. Il trasferimento è arrivato puntuale, questa volta a 450 chilometri da Tunisi, nella cittadina di Tozeur.

La sua battaglia per la poltrona che fu di Bourguiba è in salita. Il favorito della corsa è un 87enne che ha servito nel governo del padre della patria come ministro dell'Interno e che è stato anche presidente del Parlamento sotto il rais deposto Ben Ali. L'avvocato Beji Caid Essebsi, a capo di quel partito, Nidaa Tounes, che conquistando 85 dei 217 del Parlamento ha sconfitto a ottobre gli islamisti moderati di Ennahda, ha iniziato non a caso la sua campagna elettorale proprio a Monastir, città natale di Bourguiba. Sfida tra gli altri Kannou ma anche il presidente uscente Moncef Marzouki, la cui popolarità è in caduta libera, l'economista Mustafa Kamel Nabli e il miliardario e proprietario di squadre di calcio Slim Riahi.

I sondaggi che lo vogliono vincente preoccupano chi vede nel controllo di Parlamento e presidenza da parte di un solo partito un ritorno ai tempi dell'autocrazia.

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