Russia 2018

Tavecchio scomparso come la sua Nazionale Ma il destino è segnato

È la resa dei conti per un presidente che verrà ricordato per il mancato mondiale e «optì pobà»

Tavecchio scomparso come la sua Nazionale Ma il destino è segnato

Carlo Tavecchio. Chi l'ha visto? Scomparso, assente, nascosto. Non è scappato, come qualcuno vorrebbe ma ha scelto la fuga dalle responsabilità pubbliche. Dopo l'eliminazione della nazionale avrebbe avuto il dovere di presentarsi e di spiegare, chiarire, annunciare, dimettersi, oppure ribadire, con orgoglio, il proprio mandato. Nulla di tutto questo, dunque ha moltiplicato le proprie responsabilità, gli errori, la colpa. Tavecchio è l'espressione del sistema calcio italiano. Non è affatto un uomo di potere, non è un dittatore ma è stato eletto democraticamente (se questo avverbio è conosciuto tra gli elettori) perché così si doveva e si voleva. Tavecchio ha scelto Ventura (in verità Lippi sarebbe stato il supervisore ma la storiella del figlio Davide, procuratore, sollevò la pelle dei puri e duri che sventolando il codice etico cassarono l'idea). Lo stesso Tavecchio fu costretto a scegliere Conte, sollecitato dall'esterno, da una realtà oggettiva e non certo da un disegno politico e tecnico interno alla federazione. Lo sforzo finanziario sostenuto allora, coperto dagli sponsor, non ha avuto una sua continuazione proprio per la mancanza di una strategia comune, di un progetto che già era fallito in partenza, quando la federcalcio di Abete aveva affidato a Baggio, Rivera e Sacchi la grande riforma, dopo il fallimento del mondiale sudafricano. Quel tentativo entrò in contrasto con il Palazzo, la presenza di figure scomode in un mondo ingessato e privilegiato, tutelato dalla vecchia politica, andava cancellata e così è stato, la mortificazione del mondiale brasiliano portò alle dimissioni di Abete. La deriva era chiara ma nemmeno percepita da chi intendeva e intende conservare il proprio potere e gli interessi di parte.

Oggi non basta tagliare la testa di Tavecchio per pulirsi la coscienza, è doveroso eliminare l'intera squadra federale ma coinvolgendo anche il Coni che, con la complicità di alcuni organi di stampa, pensa di svolgere il ruolo di osservatore dell'Onu, dimenticando errori ed omissioni di altre federazioni. Il nostro sport, a livello internazionale, è scomparso dai radar. Pallacanestro, pallavolo, pallanuoto non hanno più le eccellenze di un passato che sembra remoto. Se non avessimo trovato la gemma di Federica Pellegrini la nostra immagine sarebbe davvero ridotta ai minimi storici. Il calcio rappresenta la punta di questa crisi, la mancata qualificazione al mondiale, il fallimento di qualsiasi progetto. Tavecchio ne è il responsabile ma il presidente degli allenatori, il leninista Ulivieri Renzo, si mette in coda con queste parole che sono la conferma della assenza totale del senso di responsabilità: «L'ingresso al mondiale non c'era nel programma elettorale di Tavecchio». Il rivoluzionario Ulivieri, ripone in soffitta il busto di Lenin, butta in discarica le catene con le quali si era legato alle cancellate della federcalcio e va a corte, come tutti gli altri dirigenti che non fiatano, infoltendo il numero delle tre scimmiette, non parlano, non sentono, non vedono.

Tagliate le teste occorre cambiare la testa, non è soltanto un gioco di parole. Il ministro dello sport si è esibito nella frase di repertorio: «Il calcio va rifondato del tutto, è il momento di prendere delle scelte che forse negli anni passati non si è avuto il coraggio di prendere. Questo mondo va fatto ripartire dai settori giovanili fino alla serie A». Benissimo. Bellissimo. Ma come? Con chi? Con quali soldi? Chi è il coraggioso? Faccia un passo in avanti. Chi sono gli uomini pronti ad assumere l'incarico, non di Ventura, naufrago con la valigia firmata, ma di capo della vera, grande riforma dello sport e poi del football? Qualcuno pensa che possa essere lo stesso Lotti? Oppure il presidente del Coni, Malagò? Propaganda, perché le parole sono tante e le idee rare in un gorgo vasto. E poi il coraggio non è un gettone da inserire nella slot machine.

Se ne andrà Tavecchio, forse, chissà, resteranno i problemi, i debiti, il disordine. Il 23 marzo del 2018 l'Italia dovrebbe giocare in amichevole a Basilea contro l'Argentina e quattro giorni dopo, il 27, a Wembley contro l'Inghilterra. Erano in calendario, in preparazione alla campagna di Russia. Non riesco nemmeno a pensarci, senza provare vergogna e umiliazione. Meglio sarebbe chiedere l'annullamento degli impegni e pensare alle faccende di casa. Carlo Tavecchio passerà alla storia come il presidente di «opti pobà» e del mondiale mancato. Il resto della comitiva, secondo usi e costumi italiani, se la caverà, ripresentandosi al prossimo appuntamento con la stessa faccia di bronzo, tanto il colpevole, unico, esclusivo, avrà pagato.

Intanto c'è il campionato che preme e battono i cuori.

Dalla parte del portafoglio.

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