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La Terra bollente moltiplica i migranti

Il riscaldamento aumenterà la fame, il Mediterraneo è a rischio desertificazione

La Terra bollente moltiplica i migranti

New York - Progressiva desertificazione, crisi alimentari, drammatica accelerazione dei flussi migratori. Sono queste in sintesi le fosche previsioni delle Nazioni Unite contenute nell'ultimo rapporto sugli effetti del riscaldamento climatico. Il dossier del comitato scientifico dell'Onu sul clima, l'Ipcc, preparato da oltre 100 esperti provenienti da 52 paesi, mostra che alluvioni, siccità e tempeste minacciano di ridurre nel tempo l'offerta di cibo globale, pregiudicando la produzione agricola e la sicurezza delle forniture alimentari. L'agricoltura però non è soltanto la vittima del riscaldamento globale provocato dai gas serra emessi dall'uomo, ma anche uno strumento per combatterlo, purché sia sostenibile e accompagnata da una buona gestione del suolo, con riforestazione e difesa degli ecosistemi. L'Ipcc lo scorso ottobre avvertiva che rimanevano solo una dozzina d'anni per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi dai livelli pre-industriali (l'obiettivo più ambizioso dell'Accordo di Parigi sul clima).

E ora sottolinea che fa aumentare siccità, ondate di calore e desertificazione, ma anche eventi meteorologici estremi come cicloni e alluvioni. Pure il Mediterraneo è ad alto rischio di desertificazione e incendi, ma a pagare le conseguenze maggiori saranno in particolare le popolazioni più povere di Africa e Asia. Questo potrebbe aumentare un flusso di immigrazione che sta già ridefinendo le politiche in Nord America, Europa e altre parti del mondo. Gli eventi atmosferici estremi possono infatti portare alla rottura della catena alimentare, minacciare il tenore di vita, esacerbare i conflitti e costringere la gente a migrare, sia all'interno dei paesi che fra un paese e l'altro. «La vita delle persone sarà influenzata da massicci flussi migratori», afferma Pete Smith, professore di scienze delle piante e del suolo all'University of Aberdeen e uno dei principali autori del rapporto: «Le persone non rimangono e muoiono dove sono, ma migrano». Durante la presentazione del documento di 1.200 pagine Valerie Masson-Delmotte, co-presidente di uno dei tre gruppi di lavoro, spiega che «oggi 500 milioni di persone vivono in aree soggette a desertificazione», e chi «si trova in aree già degradate subisce sempre più l'influenza negativa dei cambiamenti climatici». Un altro rischio per gli esperti è che le crisi alimentari si possano sviluppare contemporaneamente in diversi continenti, come fa sapere Cynthia Rosenzweig, un'altra delle autrici dello studio e ricercatrice presso il Goddard Institute for Space Studies della Nasa. Inoltre, dalla ricerca emerge anche come livelli aumentati di CO2 possano abbassare le qualità nutritive dei raccolti. Si intravedono spiragli, però, se verrà effettuata una rivalutazione dell'uso del suolo e dell'agricoltura, ad esempio aumentando la produttività della terra, o riducendo lo spreco di cibo. Nonostante i recenti dati secondo cui nel mondo ci sono oltre 820 milioni di persone denutrite, il rapporto fa sapere che «oggi il 25-30% della produzione alimentare viene persa o finisce nella spazzatura». Se si eliminasse questo spreco, si taglierebbero anche i gas serra.

E contano anche le scelte alimentari dei singoli: una dieta con più vegetali e meno carne riduce in modo significativo le emissioni di gas serra, «potrebbe liberare diversi milioni di km quadrati di territorio e fornire un potenziale tecnico di mitigazione da 0,7 a 8,0 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 all'anno».

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