Treno deragliato a Milano

Tre minuti di terrore e poi lo schianto: "Urla e preghiere. Così abbiamo visto arrivare la morte"

Deraglia all'alba un treno regionale con oltre 300 passeggeri: 3 vittime e cento feriti. Il convoglio ha viaggiato per due chilometri fuori dai binari prima di accartocciarsi contro i pali dell'elettricità

Tre minuti di terrore e poi lo schianto: "Urla e preghiere. Così abbiamo visto arrivare la morte"

La strage coglie i pendolari nel loro dormiveglia consueto, pigiati come ogni mattina nei vagoni che li portano al lavoro nella metropoli dalle loro case nei paesi della provincia. Lo conoscono e lo maledicono da sempre, quel treno fatto di facce note, aliti di caffè, e le luci delle stazioni che sfrecciano una dopo l'altra negli ultimi minuti della notte. Si aspettano i ritardi, i servizi sempre rotti, i sedili lerci. Non si aspettano l'inferno che li inghiotte alle 6 e 56.

Non c'è il boato, non c'è lo shock improvviso. Peggio: ci sono due, tre minuti di terrore puro, il treno che barcolla e impazzisce, sbanda come una bestia ferita mentre i sassi della massicciata esplodono contro i finestrini. Sul regionale 10452 nessuno capisce cosa stia accadendo, salvo che la morte si sta affacciando sulla vita di ognuno dei pendolari. «Intorno a me - racconta Sergio Minuti - c'era chi urlava, chi si rannicchiava, e chi si faceva il segno della croce».

Il treno delle Ferrovie Nord inizia a impazzire poco oltre la stazione di Vignate. Un quarto d'ora prima ha lasciato Treviglio, ultima fermata prima di Milano, imbarcando l'ultima infornata di passeggeri, accumulati addosso a quelli saliti a Cremona, a Soresina, a Caravaggio. «Abbiamo iniziato a sentire dei rumori allucinanti sotto il treno, poi abbiamo cominciato a sbattere da tutte le parti. E poi non si è più capito niente», racconta Emanuela Zampieri. Colpa, diranno poi i comunicati ufficiali, di un pezzo di binario rotto, incredibilmente rotto nel cuore di una delle tratte ferroviarie più affollate d'Italia. «Cedimento strutturale», dicono i comunicati, come se si trattasse di un evento improvviso e imprevedibile. Ma c'è chi racconta che il pezzo di ricambio era già stato ordinato e consegnato, ma nessuno si era preoccupato di montarlo.

Così il treno lanciato a cento all'ora perde ogni controllo, attraversa sferragliando e sprizzando scintille la stazione di Pioltello. Ancora un chilometro, e la massa impazzita del treno ha il sopravvento, i tre vagoni centrali escono dai binari, vanno a schiantarsi contro i pali dell'alta tensione, si piegano, si lacerano come scatole di latta. A bordo è un massacro.

Sui binari scende il silenzio. A bordo del treno si spengono tutte le luci. Poi iniziano le urla. Le porte sono bloccate. Chi ce la fa esce dai finestrini, si raduna sulla massicciata con la paura di essere investito da altri treni. Ombre insanguinate vagano sulle traversine, mentre il sole non si decide a sorgere. Intrappolati a bordo della carrozza più devastata, cento passeggeri iniziano l'attesa dei soccorsi. Per tre di loro, tre donne che viaggiavano sulla stessa carrozza, non c'è scampo.

E poi quattro feriti gravi, e decine di altri ricoverati negli ospedali di mezza Lombardia. È la nuova tragedia del trasporto ferroviario italiano, una piaga che colpisce indistintamente tutto il paese, dal disastro di Bolzano alla strage di Andria. Era da oltre mezzo secolo, dalla carneficina di Voghera del '63, che la Lombardia non veniva colpita. Ma inevitabilmente lo schianto di ieri mattina dà il via a interrogativi e polemiche, perché la linea colpita è la Milano-Venezia dei poveri, dei pendolari, trascurata dagli investimenti miliardari che più a nord hanno realizzato l'alta velocità verso l'Adriatico.

Disastro ferroviario colposo, è l'accusa che la Procura di Milano muove ai primi indagati: che sono, inevitabilmente, i vertici di Rfi, la società delle Fs che possiede e gestisce i binari dello schianto; ma anche per Trenord, l'azienda regionale proprietaria del treno, sarebbero in arrivo gli avvisi di garanzia, primo passo di una inchiesta che si annuncia lunga e complicata, iniziata col sequestro della «scatola nera» e le prime perizie già assegnate a due docenti universitari.

Ma il popolo del regionale 10452, quello dei passeggeri contusi e scioccati che escono dai centri di soccorso allestiti tutti intorno al luogo dello schianto, il suo colpevole lo ha già individuato: ed è l'incuria, «scrivetelo che questi treni sono una schifezza, che ci trattano come bestie». Sono loro, i pendolari che questa tratta la conoscono come una seconda casa, i primi a ricordare che poche settimane fa un altro pezzo di binario era saltato, e già allora poteva essere un disastro. Ma tutto è andato avanti come se niente fosse, l'andirivieni incessante dei treni stracolmi: perché è là, nel cuore di Milano, che c'è la vita, la scuola, il lavoro; e allora bisogna alzarsi all'alba, imbarcarsi, sfidando il buio, il freddo, gli occhi che si chiudono.

E rischiando la pelle.

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