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La Tunisia sceglie il nuovo capo di Stato: bivio tra democrazia matura e deriva islamica

I candidati sono 26 e l'esito incerto. Due turni se nessuno supera il 50%

La Tunisia sceglie il nuovo capo di Stato: bivio tra democrazia matura e  deriva islamica

Beirut - La strada verso una democrazia compiuta, quasi matura. Oppure la scorciatoia populista, o addirittura islamica. A nove anni dalla rivoluzione dei gelsomini la Tunisia è ancora una volta davanti a una scelta difficile. La morte improvvisa del presidente Beji Caid Essebsi, personalità forte che aveva frenato ogni deriva, ha accelerato il processo di trasformazione. Oggi i tunisini andranno alle urne per eleggere il capo dello Stato, prima delle legislative del 6 ottobre. La campagna elettorale ha avuto toni «occidentali», con tre grandi dibattiti all'americana in tv, che hanno visto battersi a turno i 26 candidati ammessi.

Una pluralità vista di rado nel mondo arabo, anche se ben 71 aspiranti sono stati scartati, come Mounir Baatour, l'avvocato difensore dei diritti Lgbt e gay dichiarato che aveva fatto scalpore. Le presidenziali erano previste per novembre ma sono state anticipate per la morte Essebsi a fine luglio. Così, se nessun candidato avrà la maggioranza assoluta, è previsto un secondo turno all'inizio di novembre, dopo il voto parlamentare. Il che potrebbe creare un ingorgo istituzionale. La soluzione più comoda, auspicata dall'establishment, è che vinca Youssef Chahed, primo ministro dal 2016, prima alleato e poi rivale dello stesso Essebsi, dopo uno scontro durissimo con il figlio del defunto presidente. Chahed ha imposto tagli drastici alla spesa pubblica per ottenere prestiti del Fmi. Ex ingegnere, ritiene di aver salvato la Tunisia dal collasso economico. Il prezzo è stato però l'impoverimento del già esile ceto medio, e un crollo nei consensi. I cavalli di battaglia di Chahed sono tre: creare una corte costituzionale, stringere legami più stretti con i Paesi vicini e rimuovere l'immunità parlamentare.

Chahed ha fondato un suo partito e spera di intercettare tutti i voti favorevoli alla stabilità. Ma deve fare i conti con la più forte formazione politica, Ennahda, nata come costola dei Fratelli musulmani anche se poi si è evoluta e moderata. Il suo candidato è Abdel Fattah Mourou, 71enne è stato uno dei fondatori del partito. Avvocato, ha preso le distanze dalle posizioni più conservatrici del partito ma i suoi oppositori affermano che la sua immagine moderna è solo di facciata. La grande sorpresa potrebbe essere invece Nabil Karoui, 56 anni, magnate dei media, discusso ma popolare. Fa campagna dalla prigione dove è finito il 23 agosto con l'accusa di riciclaggio e frode fiscale. Il suo partito sostiene che la mossa fa parte di una cospirazione da parte dell'establishment, spaventato da una sua vittoria. Il tema principale della sua campagna è la povertà. Nel 2017 ha fondato un'ente di beneficenza per combatterla. Le possibilità di Karoui di vincere sono diventate più evidenti proprio quando è stato arrestato. Un sondaggio di luglio prevedeva che avrebbe ottenuto il 30% dei voti, rispetto al 17% di Ennahda.

Poi ci sono in lizza anche alcuni ex ministri. Abdel Karim Zbidi, 69 anni, due volte dal 2011 alla Difesa, prima in un governo guidato da Ennahda e poi con Chaded. E Mehdi Jomaa, 57 anni, ex primo ministro che ha lavorato per le maggiori compagnie petrolifere francesi, come la Total.

In ogni caso queste elezioni sono un balzo in avanti: «Spesso nel mondo arabo alla fine chi vince ha il 99,99% dei voti», puntualizza con ironia Lassad Khedder, capo di un sindacato tunisino: «Oggi invece non sappiamo chi vincerà».

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