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Ursula vuole facilitare l'Italia: regole meno rigide sul debito

La presidente von der Leyen vuole riformare i patti Ue Pensa alla Germania ma favorisce il prossimo governo

Ursula vuole facilitare l'Italia: regole meno rigide sul debito

La formula della Commissione europea per smentire è sempre la stessa. Il documento che sta circolando «non ha credibilità», è solo il frutto di un «brainstorming interno». E il punto è proprio questo: nei palazzi di Bruxelles si sta preparando il campo alla prossima presidente della Commissione europea Ursula von del Leyen, immaginando le stragie dell'Ue per i prossimi anni e dalle varie anticipazioni di questi giorni emerge un vero cambio di passo.

Prima le indiscrezioni sul piano da 100 miliardi per favorire le imprese europee in grado di contrastare i giganti globali, ieri quella che appare come una rivoluzione nelle politiche di bilancio europee, che ci riguarda da vicino.

Uno dei punti qualificanti della prossima Commissione, secondo un'anticipazione del Financial Times, sarebbe una semplificazione del Patto di stabilità e crescita. Ad esempio consentendo agli Stati in difficoltà di utilizzare obiettivi di bilancio meno duri da realizzare. Con un'attenzione particolare alla riduzione del debito nei periodi di recessione.

Riforma che sembra ritagliata sugli acciacchi delle finanze pubbliche italiane e su quei 19 miliardi di euro di mancata riduzione del debito che incombono sui giudizi futuri dell'Ue. Una «riduzione ragionevole e sostenibile per le economie più vulnerabili», è la formula che ci riguarda. Emerge anche quella che sembra una deroga alla regola del Fiscal Compact (che in realtà è un trattato) che prevede la riduzione del debito per la quota che supera i 60 per cento del Pil per un ventesimo all'anno. In realtà già oggi non viene attuata in modo rigido, mentre conta l'obiettivo di medio termine, cioè la riduzione del deficit strutturale verso il pareggio. Se anche questa regola sarà allentata, si tratterà di un regalo al prossimo governo italiano.

Ma la semplificazione è soprattutto il segnale che le istituzioni europee vogliono rispondere alla crisi della Germania, alle prese con un rallentamento senza precedenti.

Ultima conferma ieri, con l'indice Ifo che misura il clima percepito dalle imprese tedesche è sceso a 94,3 da 95,7 segnalato a luglio. Sotto le attese. Rallentamento generalizzato, conferma l'Ocse. Nel secondo trimestre del 2019 il Pil nell'area Ocse crescerà dello 0,5% contro il più 0,6% del trimestre precedente. L'Italia si conferma il fanalino di coda, con crescita zero nel secondo trimestre anche se il segretario generale Gurria, ha detto di avere fiducia nell'Italia.

Se le premesse del mandato di Jean Claude Juncker erano quelle d una Commissione politica, con un mandato sovranazionale, l'esecutivo guidato da von der Leyen punta sullo sviluppo facendosi carico dei problemi delle due economie manifatturiere dell'Ue.

Altro segnale che dà il senso del prossimo esecutivo, il fondo da 100 miliardi di euro per sostenere le imprese europee in grado di sfidare i giganti tech degli Usa e della Cina. Anche quello smentito, a metà, dalla Commissione europea.

Ma tra i segnali di un Europa più sviluppista, ci sono anche le mosse della Banca centrale europea. Proprio alla vigilia dell'uscita di Mario Draghi, quando tutti pensavano che avrebbero preso il sopravvento i «falchi» tedeschi del board, Francoforte ha annunciato per settembre una riedizione del bazooka. Taglio dei tassi e anche una ritorno del quantitative easing, l'acquisto di titoli di stato da aprte della Bce. Un cambio di passo che molti attendevano.

E che favorirà chiunque si ritroverà a Palazzo Chigi.

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