Elezioni Politiche 2018

Il "vaffa" che Grillo non può più ritirare

Il "vaffa" che Grillo non può più ritirare

Grillo dice «vaffa» al «vaffa». E forse anche ai grillini. Proprio ora che - secondo loro - sono a un passo dalla meta, che scaldano i motori e preparano anzitempo persino una squadra di governo. In barba al galateo istituzionale e pure alla sfiga. Ieri, il comico ha dismesso i panni del «vaffatore seriale». Ha appeso l'insulto al chiodo.

Ha cercato di chiudere i cancelli di quella fabbrica di rabbia che per anni ha gestito. Raccogliendone i dividendi. Dopo avere rotto le scatole per anni, aver aizzato folle inferocite, minacciato e insultato tutte le istituzioni possibili e immaginabili: dal consiglio di condominio su fino alla presidenza della Repubblica. Il primo marzo 2018, undici anni dopo il primo V-Day, a tre giorni dalle elezioni politiche, Grillo celebra il funerale del Vaffa.

E non è certo un caso. È il modo per tirare indietro la mano dopo aver lanciato un sassolino che ha scatenato una valanga. Nessuno sa di preciso cosa succederà dopo questa domenica, l'unica certezza è che i grillini non saranno più così grillini, ma molto più casaleggini. Apparentemente molto meno di lotta e molto più di governo. Sappiamo che le proveranno tutte, ma proprio tutte, per accaparrarsi qualche poltrona. È la fine della sedicente verginità e Grillo già da tempo ha iniziato a scostare il suo faccione dai vari fallimenti che i Cinque Stelle hanno collezionato ovunque abbiano messo mano: da Livorno a Roma, passando per Torino. Ma il danno ormai è fatto, il sasso lanciato e il vaffa scagliato.

Hanno voglia, i pentastellati, di mettersi la giacca e la cravatta, di mostrare il viso perfettamente rasato di Luigi Di Maio. Dietro il cartonato levigato e perfettino del candidato premier si nascondono decine di scalmanati che il vaffa lo hanno tatuato sottopelle. Di Maio stringe le mani nei salotti buoni e intanto Di Battista va fuori da Arcore a sbraitare i soliti usurati insulti all'indirizzo del Cavaliere. Sono due facce della stessa medaglia. Dietro le sagome dei frontman si nascondono i soliti No Tav e No Tap, quelli che dicono no ai vaccini e i delusi dalla sinistra-sinistra che vorrebbero scaricare sul mondo la loro rabbia sociale.

Perché il «vaffa» rimane nell'anima del Movimento, anche se Grillo ora scappa, forse spaventato dalla stessa macchina da insulti che ha generato. Tira i remi in barca e cerca di calmare le truppe, quando ormai sono così galvanizzate non avvertire più alcun richiamo. È l'autoparricidio. Il comico che si rende conto di essere passato da volano a zavorra. Alla fine Grillo è stato per il Movimento quello che è stato per la Yomo negli anni Ottanta: un formidabile testimonial.

Ma i suoi frutti avariati dureranno a lungo.

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