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Così Erdogan ha comprato l'oro del Venezuela

Caracas vende «cash» i lingotti. Nessuna regola e nessuna tracciabilità

Così Erdogan ha comprato l'oro del Venezuela

Un'interrogazione parlamentare per fare chiarezza, per capire cosa sta succedendo in Venezuela. Un Paese ridotto sul lastrico, con Nicolas Maduro che non vuole lasciare la poltrona nonostante tutto. Nonostante la rivoluzione gentile di Juan Guaidò che ha giurato come presidente ad interim, ha conquistato le cancellerie di tutto il mondo. Il Venezuela resta a terra, sofferente e abbandonato con un'economia strangolata, alle prese con una raffica di sanzioni statunitensi che includono un embargo petrolifero, fonte del 96% del reddito del Paese, dove un pollo costa l'equivalente di un mese di stipendio base di un operaio. Ed è in questo clima di fallimento che fioriscono affari poco chiari: in euro. Ecco perché Antonio Tajani vicepresidente di Forza Italia e presidente uscente del Parlamento europeo con Antonio Lopez Isturiz White eurodeputato per il Partito popolare europeo ieri hanno depositato un'interrogazione parlamentare indirizzata all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri, Federica Mogherini in cui si chiede di fare chiarezza sulla massiccia presenza di valuta nel Paese. Da alcuni mesi il Banco centrale del Venezuela obbliga le banche a dare contanti in euro a imprese e a persone. Da dove arriva tutto questo contante? Si ricostruisce il puzzle a partire dai dati sconfortanti della situazione a Caracas. Da almeno un anno a questa parte il Paese, allo stremo delle sue forze ha deciso di raschiare il fondo del barile. Aggrapparsi alle sue riserve d'oro (e il Venezuela è il quarto paese al mondo per riserve auree) e vendere. Con buona pace della tracciabilità e delle regole internazionali. Chi certifica la compravendita? Non esiste traccia dei pagamenti e tutte le domande restano senza risposta: chi acquista? Da dove arriva il denaro? Lo scambio, come in una specie di far west è regolato dalla totale assenza di regole. A lingotto corrisponde cash da immettere nell'economia stremata di un Paese che muore di fame, che non ha i soldi per pagare gli stipendi, con un'inflazione che secondo le stime Fmi viaggia sul 1.000.000%. Cifre astronomiche.

Il Venezuela si candida così a diventare la patria dell'evasione fiscale, o peggio ancora del riciclaggio, dove ripulire soldi sporchi del narcotraffico ad esempio, diventa un giochetto senza problemi. Qui, dove il flusso di denaro è totalmente incontrollato, potrebbe succedere di tutto. C'è chi da mesi indaga sul fenomeno, e tra loro ch'è chi ha iniziato a ricostruire l'impervia strada che porterebbe a società cinesi con sede in Turchia passando dall'Africa. Un carico enorme poi sarebbe arrivato mesi fa in Inghilterra di cui poi però si sono perse le tracce.

Sulla carta intanto ci sono gli accordi firmati a dicembre con la Turchia, il Venezuela può iniziare a esportare oro verso il paese anatolico. Ma sul tavolo anche un accordo che prevede la raffinazione. Ossigeno per il Venezuela. Ma non solo: la Turchia usa l'oro per salvare i propri scambi commerciali con paesi sotto sanzioni. Nel 2012 inizia a acquistare petrolio iraniano in cambio di oro.

Una pericolosissima rete senza regole che ora aspetta qualche risposta.

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