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"Venezuela, voto falsato". Quel destino italiano delle donne anti Maduro

La società di controllo: almeno un milione di consensi fasulli. Le storie di Vanessa e Lilian

"Venezuela, voto falsato". Quel destino italiano delle donne anti Maduro

Guerriere in prima linea con una città italiana, Modena, impressa nel loro destino. L'Italia e il Venezuela che si incontrano, anche nella tragedia. La cittadina dell'Emilia Romagna, radice e futuro delle due donne schierate contro la dittatura di Maduro. Lilian Tintori e Vanessa Ledezma sono anni che lottano per la libertà del Venezuela. Amato Venezuela. Cuore e dolore da quando, nel 2014, il marito di Lilian, Leopoldo Lopez, e il padre di Vanessa, Antonio Ledezma sono stati presi e incarcerati a Ramo Verde, il carcere militare di massima sicurezza. Maduro, il delfino di Chavez, ex guidatore di autobus, diventato presidente dopo la morte del caudillo, ha paura e sguinzaglia i suoi uomini. L'altro ieri è partito l'ordine di cattura per i due leader dell'opposizione agli arresti domiciliari. Leopoldo e Antonio trascinati in cella. Di nuovo dentro, di nuovo senza un'accusa, senza diritti, senza avvocati.

A casa restano loro. Le donne. Vanessa lo capisce subito che qualcosa non funziona. Da sette anni abita a Modena con il marito italiano e le due figlie «per la nostra sicurezza stiamo qui», è sempre connessa con la sua terra, con la sua famiglia, sua mamma, i suoi fratelli. «Lo hanno trascinato via nel cuore della notte, ancora in pigiama, picchiato e preso a calci come se fosse un animale. A 62 anni, con l'unica colpa di essere contro un regime che sta uccidendo il Venezuela». Vanessa racconta e si commuove pensando a un padre che nessuno sa dove si trova esattamente e come sta. Tutto succede troppo in fretta, lui che è stato due volte sindaco di Caracas, rispettato e amatissimo. «Un bravo politico ma soprattutto un brav'uomo. È questo che sta pagando ora». Anni di soprusi e dolore, ma anche di mobilitazione e di rottura di quel silenzio che invece tanto farebbe comodo agli uomini di Maduro. Ma le donne non ci stanno, scendono in piazza e organizzano manifestazioni che fanno rumore, che fanno mobilitare l'Onu, l'Europa, gli Stati Uniti. L'origine dell'incubo è ancora fresca. «Quella mattina del 2014 sono andati a prenderlo direttamente nel suo ufficio. Un incubo. Rinchiuso in una cella minuscola, i muri tutti sporchi. Ho dovuto sorpassare sette cancelli per vederlo. Nemmeno fosse un terrorista». Le violenze psicologiche e le privazioni. Insieme a lui anche Leopoldo Lopez. Fuori si fanno sentire loro, donne coraggiose e instancabili. Lilian e Vanessa diventano simbolo di un Paese che cade in ginocchio.

Ieri, la società che si occupa delle operazioni di voto, ha denunciato che le autorità hanno manipolato i risultati dell'affluenza, aumentandoli di almeno un milione di voti. «Chi si stanca perde», c'è scritto in un cartello alle spalle di Lilian Tintori. Lei è diventata il volto della resistenza del chavismo. Giovane, di buona famiglia e bella; da copertina. Catapultata in politica dopo l'arresto del marito. Figlia di un imprenditore di Modena, Franco Tintori, che arrivato in Venezuela negli anni '70 ha avuto successo costruendo macchinari per l'industria petrolifera. Una vita che doveva andare in tutt'altro modo. L'arrivo di Chavez, la statalizzazione dei giacimenti petroliferi, l'incontro con Leopoldo, rampollo dell'elite bolivariana, studi ad Harvard, discendente del primo presidente venezuelano Mendoza. Tutto intorno che frana: il padre Franco e l'incidente stradale. «In ospedale non c'erano neppure le garze e così se n'è andato», racconta lei che ora, con il marito in cella, ha scoperto di essere incinta. Leopoldo diventa leader e primo oppositore di Maduro, l'arresto e Lilian che cambia storia.

La sua e del suo Paese.

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