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La Wada: "Doping di sistema". Russia 4 anni fuori dai Giochi

Mai una sanzione così dura: reiterata falsificazione dei dati. Ai Mondiali di calcio con bandiera «neutra»

La Wada: "Doping di sistema". Russia 4 anni fuori dai Giochi

La mazzata del Comitato Esecutivo dell'Agenzia mondiale antidoping (Wada) è arrivata puntuale. Russia esclusa dalle competizioni internazionali sportive per quattro anni per aver falsificato i dati di laboratorio sui numerosi casi doping dei suoi atleti. La Russia quindi non potrà essere presente come Paese ai Giochi estivi di Tokyo (2020) e ai Giochi invernali di Pechino (2022). Per quanto riguarda la Coppa del Mondo di calcio 2022, la squadra russa potrà partecipare alle qualificazioni. Se poi dovesse qualificarsi, potrà andare in Qatar solo da neutrale (senza inno e bandiera). Non solo: nel corso di questi quattro anni la Russia non potrà ospitare alcuna manifestazione sportiva o concorrere all'assegnazione di una di queste. Sono al sicuro, invece, le quattro partite di Euro 2020 e la finale di Champions 2021, eventi sotto egida dell'Uefa confermati a San Pietroburgo.

Si sta parlando, senza alcun dubbio, della sanzione più pesante inflitta a un Paese nella storia dello sport. Sembrava essere uscita finalmente dal tunnel la Russia, poco più di un anno fa, con la parziale riabilitazione della Rusada, l'agenzia russa antidoping. Ma a quanto pare, gli esperti informatici della Wada hanno scoperto e concluso che i dati di laboratorio inviati da Mosca sarebbero stati modificati e manomessi (con il presunto scopo di nascondere i casi di positività) rispetto a quelli che la Wada stessa aveva raccolto dal laboratorio lo scorso gennaio. Perciò, non c'erano le condizioni per verificare se 145 dei 298 atleti sospetti inclusi nel database avessero violato per davvero le norme antidoping tra il 2012 e il 2015. Ecco perché, all'unanimità, la Wada ha emesso ieri a Losanna questo verdetto durissimo. «La Russia ha scelto di seguire la posizione di inganno e negazione, quindi il Comitato Esecutivo della Wada ha risposto nel modo più efficace possibile», ha spiegato il presidente della Wada Craig Reedie che in una nota, ha aggiunto: «Alla Russia è stata data ogni opportunità per mettere le cose in ordine e ricongiungersi alla comunità globale contro il doping, per il bene dei suoi atleti e dell'integrità dello sport. La flagrante violazione delle sue autorità richiedeva una forte risposta».

Rusada ora ha 21 giorni per appellarsi a questa decisione, che finirà sicuramente al Tas, il tribunale dell'arbitrato sportivo. «C'è un'isteria anti-Russia diventata cronica. Faremo ricorso», ha commentato il premier russo Dmitry Medvedev, salvo poi ammettere anche che «è impossibile negare che nella nostra comunità sportiva non ci sia un problema doping». «La Russia ricorrerà al Tas, perché dobbiamo difendere i nostri atleti», dice l'olimpionica Svetlana Zhurova. A detta del capo della Rusada, Yuri Ganus, «la Russia, in ogni caso, non ha alcuna chance di vincere in tribunale».

Cosa ne sarà degli atleti russi che intendono partecipare a Tokyo 2020? Solo chi sarà in grado di dimostrare di essere pulito ed estraneo al doping, potrà partecipare a sotto una bandiera neutrale, così come è già accaduto ai 168 atleti russi agli ultimi Giochi invernali di PyeongChang. La Russia, comunque, paga duramente per aver insabbiato il «doping di Stato» a Sochi 2014, quando gli atleti russi vinsero ben 33 medaglie (13 d'oro), e per i numerosi scandali scoperti nel 2015 che coinvolsero l'atletica russa (poi bandita da Rio 2016). Ieri è arrivato un altro duro colpo alla credibilità dello sport russo: quello definitivo.

Da ko.

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