Cultura e Spettacoli

Weinstein in manette Un milione per la libertà

Il produttore è accusato di stupro da due donne Si consegna alla polizia, obbligo di braccialetto

Weinstein in manette Un milione per la libertà

U na giornata storica, comunque la si pensi, sia che si faccia parte della fronda colpevolista, sia che si ingrossino le fila dei garantisti. Perché gli sviluppi giudiziari del caso Weinstein finiranno inevitabilmente per incidere sul giudizio storico sul #metoo, il movimento con cui milioni di donne hanno deciso di denunciare pubblicamente, ma non necessariamente per vie legali, stupratori o molestatori, dando vita a un'ondata femminista di protesta globale come non si vedeva dal '68.

Sono le 7.20 del mattino a New York (le 13.20 in Italia) quando, come sul red carpet, il produttore cinematografico Harvey Weinstein, 66 anni, fino a ieri l'uomo più potente di Hollywood, sfila davanti a centinaia di giornalisti e fotografi e fa il suo ingresso al Dipartimento di Polizia di New York, nel distretto TriBeCa di Manhattan, dove si consegna alle forze dell'ordine, spontaneamente. Dopo sette mesi di indagini è accusato di stupro, atti criminali di natura sessuale, abuso sessuale e condotta sessuale inappropriata per fatti avvenuti rispettivamente nel 2004 e 2013 e «che coinvolgono due donne diverse». Una delle vittime ha deciso di restare anonima e vive ora sotto tutela (potrebbe essere l'attrice Paz de la Huerta), l'altra è Lucia Evans, aspirante attrice ed ex consulente marketing. Weinstein si consegna sorridente, al braccio tre libri la cui scelta non sembra casuale (Something Wonderful racconta di alcuni impresari di successo che hanno cambiato il mondo dello spettacolo mentre l'altro è una biografia di Elia Kazan, fondatore dell'Actors Studio, che rievoca la caccia alle streghe contro i colleghi «comunisti» ai tempi del maccartismo, quando il regista fu accusato di aver distrutto la loro carriera). Weinstein esce dopo 90 minuti con le manette ai polsi, senza passaporto, con il divieto di lasciare gli Stati di New York e Connecticut e l'obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Il prezzo per la libertà è una cauzione di un milione di dollari, che Weinstein paga in contanti per non dover congelare la stratosferica cifra di 10 milioni fissata dal giudice come alternativa. La prossima udienza è fissata per il 30 luglio. Il produttore rischia 30 anni di carcere.

La polizia elogia le vittime per le loro denunce: «Grazie a queste coraggiose sopravvissute per il loro coraggio e per cercare giustizia». Ma Harvey Weinstein, padre di cinque figli, al secondo matrimonio con Georgina Chapman (naufragato proprio sull'onda delle recenti accuse) e uscito da poco da un centro di riabilitazione per la cura delle dipendenza sessuali, si dichiarerà non colpevole. «Intendiamo agire rapidamente per far cadere le accuse - dice il suo avvocato - Riteniamo che non siano supportate da prove» e che il signor Weinstein «sarà assolto». A parlare è Benjamin Brafman, già legale di Dominique Strauss Khan, l'ex direttore del Fondo Monetario Internazionale ed esponente di punta del Partito Socialista francese, che a causa della denuncia per stupro da parte della cameriera di un albergo di New York dovette rinunciare alla corsa per la presidenza in Francia, salvo poi vedere archiviate le accuse dalla Corte distrettuale di New York. Brafman, avvocato da 1500 dollari l'ora, è stato anche difensore di Michael Jackson e del rapper Sean Combs, anche lui imputato per aggressioni sessuali e poi scagionato grazie al prezioso intervento del suo legale. È evidente che adesso, mentre le donne del movimento #metoo gioiscono per l'incriminazione (fra loro l'attrice italiana Asia Argento, una delle prime a denunciare il produttore) la vera battaglia sarà legale.

E rischia di essere decisiva anche per le ottanta donne che hanno accusato pubblicamente Weinstein e per il futuro del movimento anti-molestie.

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