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Xenofobia e respingimenti: Berlino ipocrita sui migranti

La Germania è accogliente solo a parole. Ma in realtà ha da tempo "tagliato" le concessioni dell'asilo politico

Xenofobia e respingimenti: Berlino ipocrita sui migranti

«Sono palestinese e vivo in Germania da qualche tempo, vengo da un campo di rifugiati nel Libano. Vorrei fare l'università qui ma non so se potrò rimanere. Sono molto preoccupata». Angela Merkel si inchina verso la giovane studentessa che racconta la sua storia e le risponde: «Sei una ragazza molto simpatica, ma la politica a volte è molto dura: ci sono altre migliaia di persone nei campi di rifugiati, se decidiamo di accogliere tutti, non saremo in grado di sostenere questa situazione». La ragazzina di origine libanese scoppia a piangere. Le immagini di questo scambio di battute tra la cancelliera tedesca e la giovane migrante fanno il giro del mondo nel luglio del 2015. Sei mesi dopo Angela Merkel sarà immortalata sulla copertina di Time come persona dell'anno per aver accolto un gran numero di profughi siriani istruiti e ricchi. È il vero capolavoro del governo tedesco.

Nei mesi successivi Berlino copre la Turchia di miliardi perché trattenga i profughi in campi dove le condizioni di vita non sono certo da grand hotel. Il doppio volto della Germania, continua ancora oggi, ma nessuno sembra far caso alle contraddizioni. Ieri il Tg5 ha mostrato le immagini di una profuga africana incinta picchiata e strattonata dalla polizia in Baviera e già a maggio scorso dal Consiglio d'Europa erano arrivate accuse di maltrattamenti a profughi afghani da parte delle forze dell'ordine tedesche durante le operazioni di espulsione.

Anche gli episodi di xenofobia sono all'ordine del giorno. Nel 2016 in Germania si sono registrati oltre 3.500 attacchi a migranti e strutture di accoglienza. Negli anni successivi il governo ha ridotto fortemente il numero di profughi accolti e respinto nei Paesi europei di prima accoglienza quasi 20.000 persone l'anno (il 30 per cento verso l'Italia). Dopo la stretta, gli attacchi xenofobi sono calati, ma restando a livelli preoccupanti.

La Germania, insomma, è tutt'altro che un paradiso per i rifugiati, eppure Berlino si erge, a parole, a paladino dell'accoglienza. Un'ipocrisia smaccata che si è riaffacciata nel caso di Carola Rackete. Due giorni fa il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, ha bacchettato l'Italia chiedendo la liberazione della giovane attivista spiegandoci che «coloro che salvano delle vite non possono essere considerati criminali». Ieri è tornato alla carica il ministro degli Esteri Heiko Maas, che è arrivato a spiegare alla magistratura italiana come agire: «Dal nostro punto di vista», ha detto, una procedura nell'ambito dello stato di diritto può portare «soltanto al rilascio di Carola Rackete», concedendo soltanto all'Italia l'ammissione che «a livello europeo: la discussione sulla distribuzione dei rifugiati non è degna e bisogna smettere».

Il nostro ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha replicato a Berlino soltanto ricordando all'omologo tedesco che la posizione della comandante della Sea Watch 3 è «al vaglio della magistratura», che in Italia «per previsione costituzionale, è totalmente indipendente dal governo». «Di conseguenza, -ha aggiunto- dobbiamo tutti attendere, con fiducia e rispetto, le decisioni della magistratura al riguardo». Forse però avrebbe potuto anche ricordare che a gennaio il governo tedesco ha dichiarato «Paese sicuro» alcuni stati del Nordafrica, in modo da poter negare a chi viene da quelle nazioni il diritto d'asilo. Tra questi c'è anche la Tunisia. Lo stesso Paese dove Carola Rackete ha evitato di attraccare con i migranti salvati in mare, non considerandolo porto sicuro, e proseguendo la navigazione verso Lampedusa.

Coerenza tedesca.

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