Roma

Preso il boss della cosca dei Gallace

La ’ndrangheta sulla capitale. Associazione di stampo mafioso, droga, armi, usura, evasione, rivelazione di segreti d’ufficio: 14 arresti a Nettuno, Catanzaro, Arezzo e Torino. E la scoperta di una “talpa” nella Procura di Roma, un segretario che informava gli indagati su ogni mossa degli investigatori. A firmare gli ordini di cattura il gip Maria Luisa Paolicelli su richiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. «Spallata» dei carabinieri del Ros e della Dda alla cosca calabrese da tempo impiantata sul litorale romano, quella dei Gallace di Guardavalle, Catanzaro, alleati storici della famiglia Tedesco prima, dei Novella dopo. Almeno fino a quando una soffiata alla vigilia della maxi operazione “Appia-Mythos” del 2004, fa perdere ogni traccia del capo, Carmelo Nuzzo Novella, emigrato per sfuggire alla vendetta dei suoi ex amici finiti, nel frattempo, in carcere. Per la ’ndrina dei fratelli Vincenzo e Agazio è solo questione di tempo: Carmelo, 58 anni, morirà nel 2008 nel Milanese colpito da 4 proiettili calibro 38 esplosi da due sicari. «Il clan criminale - spiega il colonnello Massimiliano Macilenti, comandante del Reparto anticrimine - cercava di riorganizzarsi in seguito alle defezioni subite. Durante le indagini è emerso il ruolo predominante del territorio laziale rispetto alla terra d’origine. Tanto da celebrare, ad Anzio, un giuramento di sangue per un nuovo affiliato. Una novità assoluta per l’organizzazione». Una cellula mafiosa in possesso di tre società operanti nel settore edilizio e sequestrate dalla Dda. Capo della nuova costola Bruno Gallace, 38 anni, figlio di Vincenzo. Dopo la rottura con la famiglia Novella, Gallace era riuscito a rimettere in sesto la ’ndrina utilizzando criminali del posto con l’aiuto della famiglia Andreacchio, sempre di Guardavalle ma da anni insediata a Nettuno. «Una cosca particolarmente pericolosa - spiega il capo della Dda Capaldo -. Oltre a esser dedita ad attività tipiche criminali si stava infiltrando anche in attività sane». Una dinastia del crimine, quella dei Gallace, che inizia nei primi anni ’70. Vincenzo e Agazio sono tra i protagonisti della “faida di Guardavalle”, una guerra intestina che tra il gennaio e il febbraio del ’74 provoca la morte di 7 persone. Condannato a 20 anni di reclusione, nell’82 Vincenzo evade dal carcere di Civitavecchia. Non è da meno Agazio: arrestato per duplice omicidio, nel ’90 fugge dall’ospedale Eastman dov’è ricoverato. Nel maggio dell’82 a Pomezia viene rapito l’industriale farmaceutico Maurizio Gellini, 41 anni. Gellini resta nelle mani dei sequestratori 200 giorni. Agazio è tra le menti dell’azione, il carceriere è il figlio Giuseppe, alla macchia dall’anno prima e autore di altri 2 sequestri eccellenti: dell’imprenditore varesino Giorgio Bortolotto, 65 anni, liberato dopo il pagamento di due miliardi di lire, e del commerciante romano Vincenzo Granieri, rilasciato per un riscatto di 900 milioni di lire.


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