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Si fa presto a dire sommelier

In principio erano gli esperti di vino. Poi sono arrivati gli assaggiatori di olio, birra, caffè e perfino sakè. Con tanto di enti, corsi e diplomi. Perché il gusto non è più cosa per dilettanti

Si fa presto a dire sommelier

I primi sono stati gli appassionati di vino. Esperti dalle papille gustative allenatissime, in grado non solo di riconoscere le proprietà della pregiata bevanda al primo assaggio, ma anche di creare abbinamenti perfetti ed equilibrati con qualunque alimento, consigliando così i clienti di ristoranti ed enoteche di tutto il mondo. Oggi i sommelier in Italia sono circa 54mila, come risulta dalle iscrizioni alle due maggiori associazioni di categoria: Ais - Associazione italiana sommelier (41.877 iscritti nel 2019) - e Fisar, Federazione italiana sommelier, albergatori e ristoratori (12.537 iscritti nel 2019).

Negli ultimi anni la categoria è cresciuta in modo esponenziale, e si sono moltiplicate le persone che sono riuscite a trasformare la loro passione per l'assaggio in una professione. Sono nati così i primi corsi per diventare sommelier di olio extravergine di oliva e di birra. E poi anche di acqua, carne, caffè, tè, cioccolato, distillati e perfino sigari e sakè. Perché oggi non basta più essere appassionati ed esperti. Occorre conoscere a fondo prodotti e materie prime, studiare, ottenere certificazioni. «Nel mondo dell'enogastronomia è cresciuta l'attenzione per la qualità, e per le figure specializzate in grado di raccontarla conferma Roberto Bellini, vice presidente dell'Associazione italiana sommelier -. Per un ristorante di alta gamma avere un sommelier della birra, dell'acqua o dei distillati si è trasformata nella possibilità di offrire un servizio migliore, in grado di fare la differenza con tutti gli altri». E visto che una domanda crea la propria offerta si sono moltiplicati corsi e seminari in grado di trasformare un appassionato di formaggi, grappa, caffè, tè o birra in un esperto a tutto tondo. «Le figure in maggiore crescita sono i sommelier della birra e dell'olio extravergine di oliva prosegue Bellini -. I secondi sono attualmente 500 in tutta Italia, dieci anni fa erano 50. Per i primi non esiste ancora una certificazione unitaria. Quelli legati alla nostra associazione sono mille. Dieci anni fa erano meno di 150».

Ma non finisce qui, perché nonostante la cesura del lockdown i sommelier più tradizionali saranno presto affiancati da altri, decisamente meno conosciuti. «Siamo già partiti con i corsi sui distillati conclude Bellini -. E siamo al lavoro per creare i primi sommelier dei sigari».

L'aumento nel numero degli esperti si inserisce sulla scia di un'altra crescita, quella della cosiddetta food economy, che solo lo scorso anno ha visto aumentare l'occupazione in Italia del 4,8 per cento, con un fatturato delle imprese attive nel settore pari a 131,7 miliardi di euro. Ecco perché assaggiare, testare, creare abbinamenti e consigliare i clienti amanti del buon mangiare e del buon bere è diventata una via di mezzo tra la moda e la scoperta di nuove figure professionali. Per iniziare è sufficiente avere buon naso, senso del gusto molto sviluppato, fantasia, curiosità, ambizione. Poi, però, occorre anche la formazione giusta per impadronirsi di conoscenze tecniche adeguate.

Vale per il mondo del vino, nel quale per diventare sommelier professionista è necessario superare i tre livelli del corso ufficiale dell'Ais, ma anche per gli universi nuovi e in parte inesplorati nati negli ultimi anni.

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