Prodi umilia la Costituzione per evitare un’altra figuraccia

All’apertura di una crisi ministeriale (e dall’entrata in vigore della Costituzione ne abbiamo avute all’incirca una ogni undici mesi) il presidente del Consiglio di turno emana una circolare ai ministri e ai sottosegretari nella quale li invita ad attenersi a precise direttive che nel corso degli anni sono state più o meno le stesse. Si sottolinea che il Consiglio dei ministri verrà convocato unicamente per adempimenti costituzionali o conseguenti agli impegni internazionali e comunitari, o per provvedere in casi di necessità ed urgenza. Si precisa che il Consiglio dei ministri non esaminerà nuovi disegni di legge, salvo quelli imposti da obblighi internazionali o comunitari, ma, qualora ricorrano i succitati presupposti di straordinaria necessità e urgenza, potrà procedere all’adozione di decreti legge. Si rileva che si potrà procedere soltanto a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie perché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti. Si afferma che dovranno ridursi allo stretto indispensabile le relazioni internazionali, parlamentari e sindacali.
Tutto questo ha la sua brava spiegazione. Quando un governo si dimette, non è che finisce ai giardinetti. Resta in carica. Ma vi resta per il solo disbrigo degli affari correnti. In altre parole, è condannato alla pura e semplice ordinaria amministrazione. Ciò significa che non è più nella pienezza dei suoi poteri. Un morto che cammina lento pede o giù di lì. Quella che l’articolo 95 della Costituzione definisce la politica generale del governo gira a vuoto. L’indirizzo politico, come una macchina scassata, non può più procedere. Ma nei regimi parlamentari governo e Camere sono due facce di una medesima medaglia. Se l’uno si riduce ai minimi termini, anche le altre segnano il passo e si riuniscono lo stretto necessario.
Si suol dire che è perfettamente inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Ma la prudenza, si sa, non è mai troppa. E così Romano Prodi ha pensato bene di diramare ai suoi cento e passa colleghi di governo una circolare che per diversi aspetti ricorda quella sopra illustrata. Ma che cosa dice in definitiva il presidente del Consiglio? Raccomanda di procedere per atti amministrativi piuttosto che ricorrere alla iniziativa legislativa. Ora, una simile circolare per un verso rappresenta la cartina di tornasole di un governo che pur di non tirare le cuoia fa il morto a galla e rinuncia al perseguimento dell’indirizzo politico strombazzato in occasione della sua presentazione alle Camere. Il governo nel giro di pochi giorni è andato sotto nei due rami del Parlamento per ben tre volte. E teme in ogni momento di buscarle di santa ragione soprattutto al Senato, dove i numeri sono più che mai ballerini. Frutto della disperazione, per un altro verso la sullodata circolare è velleitaria.
Qualcuno dovrebbe spiegare al presidente del Consiglio che la Costituzione è infarcita di riserve di legge, per usare l’espressione dei giuristi. Essa stabilisce che una serie infinita di materie debba essere regolata esclusivamente dalla legge. Sono prerogativa del Parlamento e il governo non può metterci il becco. Ma Prodi non demorde. Pur di non andare a fondo, preferisce fare le nozze con i fichi secchi. Non essendo in grado di realizzare un indirizzo politico del quale si sono perse le tracce, è ormai rassegnato a fare un’ammuina senza costrutto. Pensa di essere un volpone. E invece sta gettando le premesse per un bel funerale di terza classe.


paoloarmaroli@tin.it

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