Tutto ha avuto inizio in una delle università più prestigiose del pianeta. Ad Harvard, qualche anno fa, un giovane insegnante, Tahar Ben-Shahar, incominciò a impartire agli studenti lezioni di felicità. Meglio conosciute, in ambito accademico, come corsi di psicologia positiva, queste lezioni, apparentemente stravaganti, ebbero un successo tale che in breve tempo fecero il giro del mondo. È così che è nata la cosiddetta scienza della felicità. Che tra seminari, stage e convegni, si sta facendo largo anche nella Capitale sotto svariate forme. Più o meno serie.
Alla base cè il concetto che per essere felici esiste un metodo. Tutto dipende dalle scelte che si compiono e dai comportamenti che si adottano. Da qui prendono spunto le lezioni di felicità dellassociazione Nuova Acropoli in corso a Roma proprio in questi giorni. Diciotto gli appuntamenti in programma. Lo scopo è insegnare ai partecipanti a «prendere la vita con filosofia». Da Socrate a Confucio, dagli stoici fino a Buddha, durante le lezioni verranno dispensate delle speciali pillole di saggezza. E non è un caso che molte di queste pillole del buonumore arrivino da Oriente: è lì, in fondo, che la psicologia positiva affonda idealmente le sue origini. Resta da capire, però, se tutto questo serva veramente a qualcosa.
Finora la scienza della felicità ha suscitato in seno alla comunità accademica non poco scetticismo. Tuttavia, questo non ha impedito il proliferare diniziative didattiche dedicate a essa. Oltre a ospitare convegni incentrati su questo tema, in occasione dellanno accademico passato La Sapienza ha persino avviato assieme alluniversità Bicocca di Milano un master in psicologia positiva applicata che si è tenuto nel capoluogo meneghino. Lobbiettivo del master consisteva nel dotare gli allievi delle conoscenze necessarie a «pianificare e realizzare interventi finalizzati alla promozione del benessere individuale e collettivo».
La felicità, insomma, è una cosa seria. Innanzitutto, perché aiuta lindividuo a esprimere appieno le proprie potenzialità. Per questo la psicologia positiva viene usata sempre più spesso anche in ambiti lavorativi. Non cè da stupirsi, dunque, se oggi esiste addirittura un decalogo grazie al quale sarebbe possibile (il condizionale è dobbligo) vedere il bicchiere sempre mezzo pieno. Eliminare i pensieri negativi, smettere di preoccuparsi, ridimensionare le proprie aspettative, considerare i rapporti intimi come la principale fonte di felicità: sono queste alcune delle regole da seguire.
Non mancano, infine, i corsi organizzati dai privati. Che, inevitabilmente, vanno presi con le pinze. Tra questi un seminario intitolato «Change» che si terrà nella Capitale a marzo. Della durata di due giorni, nella nota di presentazione si legge che il corso insegnerà uno sciocchezzuola come essere felici e a godersi la vita.
Proliferano i corsi: la felicità si può imparare (ma a pagamento)
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