Il Purgatorio? Ormai è démodé

Marcello D’Orta

Vivo in una città dove il culto delle Anime del Purgatorio è forse il più sentito al mondo. Una testimonianza ne è data dal numero di edicole votive (almeno duemila), buona parte delle quali dedicate appunto alle anime purganti. Tutti sappiamo cosa siano le edicole votive. Sono tempietti con immagini sacre, innanzi alle quali il credente fa il segno della croce, o depone un fiore. Esse sono per lo più all’angolo di un palazzo o lungo i viottoli di campagna (ricorderete il tabernacolo raffigurante proprio le Anime del Purgatorio, presso il quale i «bravi» aspettavano don Abbondio). A Napoli invece sono addossate soprattutto ai muri dei vicoli del centro antico, e racchiudono dipinti o statue della Madonna, di Sant’Anna, di Gesù, o delle anime purganti. Queste ultime sono piccole figure di gesso circondate da fiamme serpeggianti, che levano imploranti le braccia al Cielo, al Crocifisso o all’Addolorata. Lo scenario - in genere di cartapesta - è costituito da rocce ignee, grotte, mucchi di ossa. A seconda dell’intensità delle fiamme, si capisce se il defunto sta scontando un Purgatorio pesante (oltre cento anni di permanenza) o leggero...
Il Purgatorio fu negato per secoli. Nell’antichità greca e romana, due erano i luoghi oltremondani: l’Ade e i Campi Elisi, corrispondenti, all’incirca, al nostro Inferno e Paradiso. Nel Medioevo, approfondendo l’esame di alcuni passi della Bibbia (Maccabei, Corinti, Matteo), si “dedusse” l’esistenza di un terzo luogo (ma i teologi parlano piuttosto di «stato interiore», e il «fuoco» è un misterioso strumento di purificazione, non paragonabile alle fiamme terrene) dove le colpe venivano rimesse: era il Purgatorio (dal latino purgatio, purificazione) di cui Dante darà una poderosa rappresentazione nella Divina Commedia.
Napoli non ebbe problemi ad “accettare” il Purgatorio: la conformazione stessa della città, che poggia su caverne e grotte di tufo; la presenza di un vulcano eruttante fuoco; il ribollire dei Campi Flegrei, ritenuti discesa agli Inferi, contribuirono ad ammettere quasi naturalmente il «nuovo» luogo ultraterreno. Anzi sembrava che i napoletani non aspettassero altro. Delusi dai regnanti, cercarono «qualcuno» su cui appuntare le loro speranze, e lo trovarono nei morti. La gente del popolo si recava negli ipogei e negli ossari e “adottava” un teschio, presumendo (ma in ragione di quale motivo?) che il suo «proprietario» scontasse le colpe in Purgatorio, e perciò avesse bisogno di preghiere. Tra i mucchi d’ossa prendeva un cranio, «l’esaminava da tutte le parti, lo girava e rigirava, ne provava la consistenza, lo soppesava, e l'annusava» (Roger Peyrefitte), lo spolverava, lo tirava a lucido (ai nostri tempi si giungerà alla cera per mobili!) gli assegnava un nome, una professione, e infine pregava per lui. Ma siccome a questo mondo non si fa niente per niente, ecco che alle preci si accompagnavano richieste di grazie (numeri al lotto, salute in famiglia, marito per le zitelle ecc.) e se il favore tardava a realizzarsi, il teschio non veniva più spolverato, e anzi era rimproverato e minacciato di... morte: «Spìcciate a famme ’a grazia o te rompo ’a capa!» (Sbrigati a farmi la grazia o ti rompo la testa!).
L’esistenza del Purgatorio fu ribadita nel Concilio di Firenze del 1439, nel Concilio di Trento del 1562 e nel Concilio Ecumenico Vaticano II (costituzione dogmatica Lumen Gentium). Di questo luogo di espiazione hanno parlato San Gerolamo, Sant’Agostino, Santa Caterina da Genova, Santa Caterina da Siena, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Santa Teresa di Lisieux, San Pio da Pietrelcina, e tutti hanno sottolineato l’importanza della preghiera per i defunti: «Essa è più accetta a Dio di quella per i vivi, perché i defunti ne hanno bisogno e non possono aiutarsi da sé, come possono invece i vivi» (San Tommaso d’Aquino).
Ora, da più parti (e anche da parti autorevoli, come nel caso di Jacques Le Goff, uno dei maggiori medioevalisti viventi) si chiede la «cancellazione» del Purgatorio, così come avvenuto di recente per il Limbo dei bambini. Sembra che il Purgatorio non sia più di moda, sia «superato», andava bene ai tempi di Dante, ma questi sono i tempi di Aldo Busi, e bisogna rinnovare le idee.
Anche per l’Inferno si discute.

Cuoche televisive, cantanti impegnati, ex presentatrici tv, esperti di bricolage, ma anche scrittori e intellettuali, e perfino direttori di riviste cattoliche, sostengono che l’Inferno non esiste, e se esiste è vuoto (Papini giunse a sperare in una estrema redenzione di Satana, che avrebbe salvato tutti, come in un gioco che facevamo da ragazzi).
Abrogati il Limbo, il Purgatorio e l’Inferno, rimarrebbe il solo Paradiso. Ma poi, a pensarci bene, non sarebbe il caso di liquidare pure lui? Tutta l’eternità a contemplare Dio: che noia!
mardorta@libero.it

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