Quando Eduard Manet preferiva l’incisione

La mostra di Manet al Bocciodromo di Ponteranica (Bergamo) invita a compiere un approfondimento che stupisce e permette di venire a conoscenza con una parte generalmente poco indagata del pittore impressionista: organizzata dal Comune di Ponteranica con le opere della Galleria Cerebelli di Bergamo ed in collaborazione con Lubrica Editore e l'Associazione Pensieri e Parole, l'esposizione presenta trenta incisioni realizzate da Manet tra il 1860 e il 1862. Acquistate nel 1905 da Alfred Strolin, per essere tirate in 100 esemplari, le 30 lastre originali costituiscono una raccolta esaustiva della produzione grafica dell'artista: acquaforte, acquatinta, puntasecca, tecniche anche utilizzate insieme in una stessa opera, riproducono perlopiù quadri, completamente o in alcuni particolari, di opere di coloro che i francesi della seconda metà dell'Ottocento consideravano i loro maestri: gli spagnoli, come Velasquez o Goya. Sono riproduzioni, anche se si distanziano dall'originale: la tecnica dell'incisione, infatti, riesce a conferire all'immagine un senso di realismo e immediatezza quasi documentaria, riesce a bloccare la figura in un attimo che pare catturato. Così il "Torero morto", 1867-68, acquaforte e acquatinta (156x224 mm, VII stato su sette), deriva da un dipinto smembrato del 1864 e dedicato all'episodio della corrida o "Il filosofo", 1865-66, che deriva a sua volta da un dipinto oggi conservato all'Art Institute di Chicago. L'immagine svela una certa somiglianza con "Il filosofo" di Velasquez e l'incisione di Goya, copia dello stesso dipinto.


BOPO Bocciodromo di Ponteranica
(Bergamo), via Concordia 6.

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