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Quando il gatto è un bandito: "Faceva evadere i detenuti"

Felino arrestato: era addestrato a introdurre in carcere i telefonini con cui i carcerati organizzavano le fughe

Quando il gatto è un bandito: "Faceva evadere i detenuti"

Ha il pelo grigio tigrato, gli occhi blu e lo sguardo vispo. E poi adora essere coccolato, proprio come la maggior parte degli animali domestici. Ma questo gatto randagio non è uguale a tutti gli altri, a dispetto della sua apparenza tranquilla e sorniona lui è un vero criminale a quattro zampe. E proprio per questo nei giorni scorsi è stato «arrestato» dalle forze dell'ordine con un'accusa pesante: favoreggiamento all'evasione. Sì perché lui, suo malgrado, è finito in un giro molto losco in Costa Rica e si è ritrovato ad aiutare i detenuti a scappare di prigione.

Tutto è cominciato nel carcere La Reforma di San Rafael de Alejuela, cittadina non lontana da San José, capitale del Paese centro americano. Una banda di malviventi ha pensato di «arruolare« un felino di strada per introdurre telefoni cellulari all'interno del penitenziario. Una pratica illegale, ma comunque essenziale per fare in modo che i carcerati mantengano contatti con il mondo esterno. Continuando così a delinquere. La scelta della banda è caduta su questo docile gattino grigio che così, armato di marsupio, ha cominciato a fare su e giù fra le celle, passando attraverso le sbarre grazie alla sua proverbiale agilità. Le sue passeggiate non sono certo passate inosservate, e così i secondini hanno cominciato a tenerlo sotto controllo. Fino a quando, qualche giorno fa, non sono riusciti a catturarlo. Naturalmente in flagranza di «reato».

Quando è stato scoperto, il gattino indossava la sua solita borsa all'interno della quale i poliziotti hanno trovato due smartphone, un carica batteria e due sim card. Un video diffuso sui canali social delle forze dell'ordine testimonia il momento dell'arresto. Un'operazione che, raccontano gli agenti, non è stata affatto semplice. «Per noi è stato veramente molto complicato racconta il direttore del carcere Pablo Bertozzi e per un motivo semplice: il gatto era scivolato nelle fogne, a circa cento metri di profondità. Così abbiamo impiegato molto tempo per recuperarlo». La caccia è durata circa cinque ore, ma alla fine ha permesso di assicurare alla giustizia il malvivente a quattro zampe. E di scoprire un modus operandi che negli ultimi anni ha permesso ai detenuti di rimanere in contatto con i propri complici e di proseguire una serie di attività illecite anche dalle loro celle. Nonostante questa storia possa sembrare incredibile, non è inedita in questo Paese. In passato altri animali sono, infatti, stati utilizzati per entrare in modo illegale all'interno degli istituti penitenziari.

Quattro anni fa, in questa stessa prigione, le guardie erano riuscite a fermare un piccione mentre cercava di entrare nella struttura con alcune dosi di droga legate alle zampe: 14 grammi di marijuana e altri 14 di cocaina. Secondo le forze dell'ordine, il pennuto sarebbe stato addestrato proprio per questo scopo. Proprio come il pappagallo catturato sempre in Costa Rica e usato come «sentinella» per avvisare gli spacciatori dell'arrivo della polizia. Casi come questi nei Paesi sudamericani sono sempre più frequenti. Basti pensare che nel 2011, questa volta in Colombia, un alto piccione era stato fermato mentre cercava di entrare in carcere con un carico di sostanze stupefacenti. Gli agenti lo hanno scoperto perché, proprio a causa del peso trasportato, l'uccello non riusciva più a spiccare il volo.

L'uso di volatili per scopi decisamente poco nobili non è una novità neanche in Medioriente: negli ultimi anni uccelli migratori, soprattutto aquile e avvoltoi, sono stati usati dai servizi segreti israeliani per spiare i Paesi vicini.

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