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Quando Sivori era come José: «Come si chiama quello: Mariolino?»

Nei primi anni Sessanta scrivevo per Tuttosport. Il mio incarico principale era quello di cronista dei fatti juventini e quindi ogni mattina seguivo gli allenamenti al campo Combi, proprio dietro una curva del Comunale. E in prossimità degli incontri tra la Juventus e la grande nascente Inter di Helenio Herrera si andava alla ricerca di spunti particolari. Così il direttore Giglio Panza mi propose d'intervistare Sivori, che non era un cliente facile.
Omar aveva già costruito il mito di sé sulla sola arma vera e sublime che possedeva: il piede sinistro. Il destro gli serviva per salire sul tram e il “cabezòn” per gestire le idee di gioco e la estrema cattiveria agonistica. Dunque lo affrontai dopo l'allenamento e gli domandai che cosa temesse di più dell'Inter.
Lui mi squadrò con un sorriso sottile, quasi sfottente. «Vedi - disse nel suo italoargentino - se ce penso bene ce sono due giocatori al mondo che me preoccupano. Uno è quello nero... Ma sì... Quello che gioca in Brasile...». «Immagino Pelè», dissi io. «Ecco, ecco... Lui. Se non ce fosse lui, io sarei el primo del mundo e quindi lo respeto, ma me dispiace un poco che sia lui che tanti chiamano il Re. E poi, se guardiamo en Italia e a questa Inter, c'è quel ragasso... Como se chiama... Voi lo chiamate Mariolino...». «Immagino Corso», dissi io. E lui, tra l'infastidito e l'annoiato: «Ecco, ecco... L'hai detto. L'ho visto giocare e me pare che abbia un buon sinistro, che spesso funziona bene quando tira quelle punizioni dal limite che voi chiamate a foglia morta. Non è il mio, ma è un buon sinistro. E siccome se lo porterà dietro contro di noi... Insomma me preoccupa un po'...».
E venne la domenica della partita. Anche Mariolino, come Omar, portava i calzettoni arrotolati alle caviglie. Una specie di moda che in Sivori era invece da tempo il frutto di un calcolo cinico («Voglio vedere chi è l'avversario che per fermarmi me dà un calcio sulle gambe nude»). E dunque, nel corso di quella partita l'Inter beneficiò a un tratto di una punizione dal limite. Corso recitò a memoria il copione della foglia morta e tirò. Il pallone ebbe la divina impennata ma si spense una decina di centimetri al di sopra dell'incrocio.
Più tardi, negli spogliatoi, ritrovai Sivori fresco di doccia. Una sua breve risatina e poi «... Quando incontri Mariolino digli da parte mia che le sue punizioni sono belle così, le più belle che l'avversario se aspeta».

Altri tempi, altro football.

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