Cultura e Spettacoli

«Quel marito fedifrago non ha tutte le colpe»

Intervista con Luca Zingaretti che anticipa la trama dell’atteso «I giorni dell’abbandono»

«Quel marito fedifrago non ha tutte le colpe»

Lucio Giordano

da Vasto

Commissario Montalbano, sembra molto arrabbiato.
«Lo sono, eccome».
E con chi scusi?
«Con i paparazzi. A Pantelleria in questi giorni ho preso un dammuso in affitto. Non mi hanno lasciato in pace un momento. Mi seguivano dappertutto. Mi spiavano anche nei momenti più intimi. Assurdo. Sono inviperito. E non mi faccia aggiungere altro: non vorrei dire cose cattivissime sui paparazzi».
Sono le regole del gioco: la sua storia d'amore con Luisa Ranieri quest’estate ha fatto la gioia dei settimanali scandalistici.
«Regole un corno. Sono un personaggio pubblico, d'accordo. Ma ho diritto di vivere tranquillamente il mio privato. Che è solo mio».
Luca Zingaretti, ospite del Festival di Vasto, si sfoga con Il Giornale. Riacquista un po’ di calma solo parlando di lavoro, de I giorni dell'abbandono, il film tratto dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante che, diretto da Roberto Faenza, andrà alla Mostra di Venezia in concorso. E sia per lui che per Margherita Buy, l'interprete femminile di questa storia di ordinario matrimonio naufragato a causa delle corna del marito, si parla già di Coppa Volpi.
Come ha preparato la parte di Mario, il marito gaglioffo, capace per anni di fare il doppio gioco?
«Semplicemente parlando per settimane con Roberto. Alla fine ci siamo trovati d'accordo su un punto: il mio non doveva essere un personaggio tutto negativo. Volevamo ristabilire le sue ragioni di quarantenne in crisi. Altrimenti già dalla prima scena si sarebbe sentita puzza di bruciato. Tutte le colpe al marito mentre la moglie ne esce come un santino».
Nel romanzo il giudizio sul marito fedifrago è inappellabile: abbandona il tetto coniugale, i due figli, per un giovane amore.
«Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma come in tutti i matrimoni che finiscono, le colpe sono da dividere a metà».
È la sua quarta volta alla Mostra di Venezia. Ormai ci andrà con la disinvoltura dell'attore navigato.
«Nient'affatto. Io cerco di contenere l'emozione, ma non ci riesco proprio. Venezia è sempre Venezia: il più importante festival italiano».
Ancora per poco. Dall'ottobre del 2006 ci sarà la concorrenza del festival di Roma.
«Da romano sono contento, ma ho il dubbio che una rassegna cinematografica in una grande città sia troppo dispersiva».
Intanto subito dopo Venezia uscirà nelle sale I giorni dell'abbandono mentre a dicembre su Raiuno andranno in onda due nuovi episodi di Montalbano: Par condicio e Il gioco delle tre carte. Quindi, commissario addio. Non ha mai temuto che la sua carriera fosse troppo condizionata dal personaggio creato da Camilleri?
«Questo timore poteva esserci all'inizio. Dopo i primi episodi la gente mi fermava per strada chiamandomi Montalbano. Ora non più. Le proporzioni si sono invertite. Su dieci persone, per otto sono Luca Zingaretti, solo per due resto Montalbano».
E allora perché lascia?
«Ogni cosa bella nella vita è destinata a finire. Per me era giusto uscire di scena nel momento di maggiore popolarità. Montalbano è ancora amatissimo dal pubblico e io mi diverto ad interpretarlo. Ma mi sono chiesto: e se a un certo punto non fosse più così? Meglio dire basta, tra gli applausi. Oltre ai due episodi in onda a dicembre abbiamo deciso di girarne altri due che andranno in onda nel 2006. Quanto al rischio cliché è un problema che riguarda voi giornalisti. Io non me lo sono mai posto. Ai tempi di Vite strozzate, il film diretto da Ricky Tognazzi, mi avevate imprigionato nel ruolo del cattivo. Ho dimostrato di saper fare altro».
E però il ruolo del cattivo tornerà a interpretarlo presto nei panni del boss mafioso Totò Riina.
«Casco dalle nuvole. L'ho letto anch'io su un giornale, ma non ne sapevo niente, mai stato contattato dalla produzione, che evidentemente ha voluto spendere il mio nome come grancassa. Ma un personaggio del genere non lo interpreterei. Non adesso».
Perché?
«In Italia non esiste più il cinema di denuncia. Tutti i personaggi vengono proposti in maniera edulcorata. Proporre un santino non m’interessa».


Ha altri progetti?
«Per il momento oltre a girare per festival con Alla luce del sole, che continua a vivere di luce propria nonostante sia uscito nelle sale da mesi, nessuno. O meglio non c'è niente di definito e per questo non mi sbilancio. Del resto, noi attori siamo tutti scaramantici. Io per primo».

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