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Quelle vittime senza patria per il senso di colpa europeo

Per la Chiesa evita di sostenere apertamente chi vuol dare battaglia agli ultrà islamici. Il mondo procede a immagine dell'Occidente, ma noi ce ne vergognamo assurdamente

Quelle vittime senza patria per il senso di colpa europeo

Due cose sono assodate: i cristiani nel mondo sono presi di mira; l'Europa e l'Occidente se ne impipano. Questa indifferenza suscita un'indignazione di maniera e parte l'autoflagellazione: ignoriamo le nostre radici, la pavidità ci paralizza, chiudiamo gli occhi di fronte all'aggressività di islamici, indù e altri vattelappesca che uccidono preti e bruciano chiese. Il profluvio di parole fa scattare qualche remoto meccanismo nelle coscienze delle autorità e così abbiamo il ministro degli Esteri italiano, Frattini, che di fronte alla strage dei copti d'Egitto dice «bisogna fare qualcosa» e pungola i colleghi dell'Ue. Quelli decidono di riunirsi per parlarne, però il commissario responsabile si rende irreperibile e tutto è rinviato alle calende greche. È successo 48 ore fa, ma era la replica di una sceneggiata già vista. Conclusione: se si tratta di cristiani, l'Occidente perde la voce. E questo lo sapevamo.

Per fare un passo avanti, bisogna spiegare le ragioni di questa afonia. L'idea che mi sono fatto io è che queste vanno cercate nei complessi di cui, come europei e occidentali, siamo impastati. La nostra civiltà ha stravinto. La modernità coincide con la nostra cultura, i nostri usi, le tecniche uscite dai nostri cervelli e dai nostri laboratori. Il Medio Oriente e metà del Terzo Mondo ha galleggiato per secoli su un liquame nero, disgustoso e inutile. Poi, siamo arrivati noi lo abbiamo chiamato petrolio e ne abbiamo fatto il propellente universale. Ora quelle terre sono uno scrigno e gli Stati che le possiedono, ricchi. Un miliardo di cinesi ha accantonato una isolata civiltà millenaria e, applicando la scienza europea, si appresta a conquistare la leadership mondiale. Era già accaduto col Giappone, sta accadendo in India, accadrà ineluttabilmente ovunque. In politica, la concezione occidentale dello Stato e della democrazia, pur tra fibrillazioni, è diventata punto di riferimento per tutti. Per farla breve, la Terra è ormai un'Europa gigante solcata da navi, aerei e semoventi di ogni genere la cui scintilla prima è scaturita in qualche angolo del nostro vecchio mondo.

Questo straordinario successo, come ogni vittoria umana, genera contraccolpi. I popoli conquistati dalla civiltà europea e privati della propria fanno resistenza e, sorvolando sui benefici, covano sentimenti oscuri verso i colonizzatori. Senza contare che molti di quei Paesi sono stati sottoposti in passato a effettivi regimi coloniali, armi alla mano. Tutto ciò - conquista autoritaria sommata a quella pacifica - ha generato odi, desiderio di rivincita, rimproveri di ogni genere all'Occidente. Il Terzo Mondo ha messo l'Europa sotto accusa e gli europei sono stati travolti dal senso di colpa, la peggiore delle nevrosi.

Il senso di colpa è un virus che corrode una civiltà dall'interno. Prescinde dalla realtà delle cose, si sviluppa come una metastasi, diventa parte di noi e ci divide. Alcuni occidentali, chiamiamoli ottimisti, vedono il bicchiere mezzo pieno, si compiacciono del trionfo a livello mondiale, constatano il generale miglioramento delle condizioni di vita, la moltiplicazione dei rapporti tra le Nazioni, i vantaggi della globalizzazione. I pessimisti invece coltivano la cattiva coscienza come un nobile sentimento, prendono per oro colato le accuse dei colonizzati, si immedesimano nei loro rancori antioccidentali, passano di fatto dall'altra parte e condannano la capacità propulsiva della civiltà europea.

Questo atteggiamento piagnone è oggi largamente maggioritario tra le élite del vecchio mondo. I portavoce più petulanti delle nostre presunte magagne sono le sinistre e la Chiesa. Le une se la prendono col consumismo, lo sviluppo insostenibile, gli sconvolgimenti prodotti dalla penetrazione europea, la globalizzazione. L'altra, fa proprie tutte queste critiche e aggiunge di suo la decadenza dei costumi, la perdita del senso del divino, ecc. Per entrambe, l'antidoto consiste nella mitezza, nell'accettare l'intolleranza, capire le ragioni degli altri a scapito delle proprie, la solidarietà, il buonismo, l'annullamento delle gerarchie, la parità universale dei valori. Da Londra a Pechino, dalla Nigeria alle Isole Papua. In una parola, nel relativismo. Abbattono le Torri gemelle? Gli americani se la sono voluta. I pirati somali arrembano i mercantili nel Mar Rosso? Eh, ma sono poveri in canna. Gli islamici vogliono moschee in Europa ma non tollerano chiese in Arabia? Bah, sono fatti così. La reciprocità? Non sia mai, noi abbiamo il dovere dell'ospitalità, loro hanno regole diverse che vanno rispettate.

È tra queste assurdità e nel complessato abbandono occidentale della propria identità che va ricercata l'indifferenza alle sorti del cristianesimo. Nel predicare un'accoglienza senza contraccambio e nella timidezza con cui difende le proprie ragioni, la Chiesa di Roma è - al pari della sinistra - tra i massimi responsabili del crescente relativismo europeo. Si inalbera per la contraccezione, fa qualche storia se tolgono il crocifisso a scuola, ma se ammazzano un prete in Turchia, il Papa è il primo a dire che è un caso isolato. Così dà l'alibi al silenzio dei governi Ue, entusiasti di fare gli gnorri. Se va bene a lui, figurati a noi. Mi ha colpito l'atteggiamento del Vaticano di fronte alla conversione cattolica del giornalista Magdi Allam. Costui, islamico, ha creduto profondamente al passo.

Ha aggiunto al suo nome arabo quello di "Cristiano" e ha fondato un partito, Protagonisti per l'Europa cristiana, con l'idea di dare battaglia all'integralismo musulmano. Appena visto che faceva sul serio, il Pontefice - che pure lo aveva battezzato in San Pietro - ha fatto capire che Cristiano si agitava per conto suo senza l'appoggio della Chiesa. Ergo, la Santa Sede non vuole campioni della fede, preferisce il profilo basso. Perché meravigliarsi se poi l'Europa fa le tre scimmiette quando i suoi tradizionali correligionari sono trucidati nel vasto mondo?

Gli europei non sono fessi, ma gran mercanti. Se il complesso di colpa, che molti di loro alimentano, li corrode, scelgono con cura i valori irrinunciabili e quelli da trascurare. In questa scala, danaro, affari, perfino la democrazia, hanno il primo posto. Se devono buttare alle ortiche qualcosa, scelgono il cristianesimo. Come fede è agli sgoccioli, sostituita dalla medicina, la prospettiva di vivere cent'anni, il benessere su questa terra. Come tradizione storica occidentale, è in dissolvenza come altre: dalla caccia alla volpe alla monogamia, dal presepe all'eterosessualità.


Ed è così che i cristiani uccisi sono martiri senza patria.

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