Questi figli dei «media» in prima pagina ma soli

I figli sono tornati d’attualità. Lo hanno fatto con forza e con violenza a Catania dove hanno ucciso, non solo simbolicamente, un padre esemplare. I figli sono tornati d’attualità con le assurdità quotidiane del bullismo scolastico riprese con i telefonini e pubblicate su Internet. I figli sono tornati d’attualità nello sciacallaggio mediatico intorno alle lacrime della figlia di Raciti in chiesa. Quel suo «caro papino» è rimbalzato mille volte nelle case degli italiani.
I figli sono tornati d’attualità e sono ormai spesso in prima pagina. Ma sono soli. Come la figlia di Raciti che, da oggi, è sola veramente. Lo ha detto bene ieri Marco Palmisano, presidente di un club intitolato a Santa Chiara, la patrona della televisione. «Negli Stati Uniti d’America, oltre il 61 per cento dei bambini tra i 3 e i 9 anni soffre di turbe comportamentali da solitudine. In Europa questa percentuale si abbassa fino al 35 per cento di Malta, Spagna e Belgio, mentre in Italia, è al 40 per cento», ha scritto nel suo commento su queste pagine.
I nostri figli infatti sono soli di fronte ai media che, quotidianamente, li massacrano. Solo così si può spiegare come Dino De Laurentiis, che produce film orrendi come quelli sul cannibale Hannibal Lecter, dica, senza timore del ridicolo, che sono i genitori che dovrebbero impedire ai propri figli di vedere certe pellicole. I nostri figli, dalla loro solitudine piena di incubi, guardano al mondo e urlano una unica e ossessiva richiesta di attenzione. Smettono di mangiare per somigliare a modelli estetici impossibili. Si improvvisano filmakers di inutili prodezze per poterle pubblicare su Internet e diventare, magari anche solo per un minuscolo istante, degni dell’attenzione degli altri.
Vanno allo stadio e distruggono tutto solo per potersi rivedere, la sera, nelle immagini dei telegiornali e delle trasmissioni sportive. Scrivono gigantesche e ingenue frasi d’amore sui ponti e sui viadotti. Un volta bastava un bigliettino. Gli adulti guardano e, divertiti da tanto esibizionismo, tramutano il disagio in macchine da spettacolo e girano operette come Tre metri sopra il cielo, un film tratto dal romanzo omonimo del quarantenne Federico Moccia che non si vergogna di dire in pubblico che le diciassettenni di oggi sono «superdonne» e che quindi si può predicare «la libertà di amare».
I nostri figli inoltre sono soli anche in televisione dove, nei reality, vengono chiamati ad improvvisare competenze che solo la lenta pazienza dei padri e dei maestri può insegnare. I nostri figli sono sempre più soli e, in solitudine, alcuni di loro finiranno in galera. A guardare la televisione. «La dignità di un popolo si misura dalla capacità di memoria che sa trasmettere ai propri figli. Un popolo senza memoria è un popolo senza radici e senza futuro», ha scritto ieri Palmisano. È un appello drammatico ma che è destinato a perdersi.

Noi adulti siamo diventati sordi al grido di dolore che i figli ci lanciano dal pozzo di solitudine dove il nostro edonismo mediatico da strapazzo li ha precipitati.

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