Cultura e Spettacoli

Raul Bova super impegnato: "Se non lavoro mi annoio"

Un film con Daniele Lucchetti, una parte in "Baaria", il nuovo lavoro di Giuseppe Tornatore, e poi una miniserie tv per canale 5. Il super impegnato Raul Bova, ospite a Ischia del Global film & Music fest, dichiara: "Se non lavoro mi annoio"

Raul Bova super impegnato: 
"Se non lavoro mi annoio"

Ischia - Il bambolone è cresciuto, maturato. E lo spaesato sex symbol di una volta ha ceduto il posto a un altro Raoul Bova, tutto grinta, determinazione e sicurezza nei propri mezzi. Mezzi che utilizza per dedicarsi completamente a famiglia e lavoro, i suoi obiettivi. Anche se poi qui a Ischia, ospite del Global film & Music fest, l’assalto delle fans è continuo, incessante. Raoul non si scompone, sorride gentile come da carattere e firma autografi rilassato. È in gran forma, Bova. Sereno e soddisfatto. Una spruzzata di fascinoso bianco sui capelli, indossa pantaloni di lino avorio, una camicia celeste spiegazzata. E tra un caffè e un bicchiere di minerale spiega, parlando di lavoro, quanto gli piaccia «sperimentare».

«Ho un carattere irrequieto - dice - e se non facessi così, se non rischiassi di persona, se non trovassi ancora curiosità nelle cose della vita, mi annoierei a morte e forse finirei anche per rinunciare a questo mestiere».
Per il momento non c’è pericolo.

Di progetti ne ha tanti. Iniziamo dal film di Federico Moccia, «Scusa ma ti voglio sposare».
Uscirà il giorno di San Valentino ed è la continuazione di Scusa ma ti chiamo amore. Anche in questa avventura c’è Michela Quattrociocche».


Ora che ha trovato una collocazione impegnata, perché insistere con le commedie?
«Perché mi divertono. Sono la mia vacanza. Moccia ha aperto la strada e fosse per me ne farei una l’anno».

E però poi lavora per Tornatore, nel suo nuovo film, «Baaria», che aprirà il prossimo festival di Venezia.
«Solo poche pose purtroppo. Interpreto un giornalista romano che vola in Sicilia per intervistare i capoclan mafiosi. Ma esser diretto da un maestro come Tornatore è stato un onore».


A che punto sono le riprese del nuovo film di Daniele Luchetti?
«Alla fine. Il titolo provvisorio è La vita non la ferma nessuno. È la storia di due fratelli, Elio Germano e io, che hanno sofferto molto per la morte della madre. Vivono all’estrema periferia romana. Il mio personaggio, un tipo ripetitivo e pedante, proprio a causa di quell’evento luttuoso ha un pessimo rapporto con le donne».


Bova un perdente con l’altro sesso: buffo, non trova?
«Io continuo a sostenere che questa storia del sex symbol non mi sia mai appartenuta. Sono certo che ci siano uomini al mondo molto più belli e disinvolti di me. La mia timidezza del passato ha fatto il resto. E poi, a esser sinceri, io non ho mai dato troppo peso alla quantità dei rapporti. Da anni sono felicemente sposato con la stessa donna, Chiara Giordano, con la quale condivido tutto: passione, figli, lavoro. Siamo anche soci di una società di produzione... ».


Che ha in cantiere...
«Dopo Sbirri abbiamo intenzione di produrre un altro paio di film: Rocco Barnabei, la storia di un giovane italoamericano ingiustamente condannato a morte negli Stati Uniti e una commedia sentimentale, la storia d’amore e “fulmini” tra uno psicoterapeuta della coppia e un avvocato divorzista. In pratica tra uno che cerca di risolvere i problemi di incomunicabilità e l’altra che le coppie tende a disintegrarle. Dovremmo iniziare le riprese tra non molto».


Per i consigli si sarà rivolto in casa: sua suocera è l’avvocato matrimonialista Anna Maria Bernardini De Pace.
«Esatto. Infatti per la sceneggiatura abbiamo saccheggiato dalle sue esperienze professionali (ride)».


Tanto lavoro qui in Italia, tra cui «Come un delfino», diretto da Stefano Reali, la storia del nuotatore Domenico Fioravanti, un tempo suo collega in vasca. E gli Stati Uniti?
«Non ho chiuso, ovvio. Ma per far carriera a Hollywood c’è bisogno di una presenza continua. A parte che non ho mai amato troppo partecipare alle feste irrinunciabili di Beverly hills, dove in realtà ci si va per chiudere contratti per la vita, devo dire che mia moglie e io preferiamo crescere i nostri figli in Italia. Soprattutto adesso che sono grandicelli e vanno a scuola. Portarli avanti e indietro non sarebbe più possibile. Certo gli Stati Uniti mi mancano, mi manca la compattezza della categoria. Contro i tagli al Fus, il fondo unico dello spettacolo, io proporrei degli scioperi a oltranza ma corretti e civili come quelli di Hollywood. Perché tagliare sullo spettacolo vuol dire, oltre che meno cultura, anche tagli ai posti di lavoro delle maestranze di teatro e cinema».


Intanto lei è alle prese con la tv. A che punto è «Intelligence», la nuova miniserie di Canale 5 in 6 puntate diretta da Alexis Sweet e in onda la prossima stagione?
«In dirittura d’arrivo. È stata un’esperienza molto bella, molto americana, piena d’azione e sentimenti, girata con tecniche innovative. Racconta la storia di un ex militare che a un certo punto della propria vita entra nei servizi segreti e risolve casi ispirati a fatti realmente accaduti in Italia. Al mio fianco, Caterina Morariu e Massimo Venturiello.


Ma lei non si riposa mai?
«No.

Altrimenti, come dicevo, mi annoio».

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