Ritrovato il palazzo di Antonio e Cleopatra

Harry Tzalas, greco cosmopolita nato ad Alessandria d’Egitto, è un asso giramondo dell’archeologia sperimentale (impegnata nella ricostruzione di manufatti tecnici) e subacquea. Fondatore e presidente dell’Istituto Ellenico per gli Studi su Alessandria Classica e Medioevale, e dell’Istituto per la Conservazione delle Tradizioni Nautiche, con sede ad Atene, ha legato il suo nome ai tentativi di far rinascere uno degli oggetti più misteriosi e affascinanti dell’antichità, la trireme greca da battaglia.
Cacciatore di relitti sommersi, ha setacciato i fondali prospicienti il distretto di Chatby, zona Est di Alessandria, fino a 200 metri dalla costa. Qui s’inoltrava nell’azzurro Mediterraneo l’Acta Lochias, il promontorio che ospitava il santuario di Iside Lochia (cioè protettrice dei parti, una divinità della tradizione egizia che i Greci riconoscevano nella loro Artemide, la luna sacralizzata). Il tempio faceva parte del complesso di palazzi reali dove risiedevano i Tolemei, signori dell’Egitto ellenistico: la mitica Biblioteca, la Reggia, il Museo erano i pezzi pregiati di un’area in cui la storia antica ha scritto alcune tra le sue pagine più impressionanti. Il bradisismo ha insabbiato i ruderi a una decina di metri di profondità. Non abbastanza, per i tenaci detective in muta e maschera, che vi hanno scoperto, sotto le concrezioni, il gigantesco pilone e l’architrave colossale di un’entrata templare, in stile egizio.
Dalle fonti storiche, è noto che gli ultimi Tolemei, tra cui la star indiscussa dell’antichità, Cleopatra VII Filopàtore (suicida per morso d’aspide nel 30 a.C.), amavano dare ai loro monumenti le forme antiche dell’architettura nilotica. Per Tzalas restano ben pochi dubbi: la sua vanga ha dissotterrato le vestigia del tempio di Iside. E a pochi metri giace il Mausoleo, la faraonica tomba dell’affascinante regina. Si spalancano scenari da brivido, che infiammarono l’immaginazione di scrittori come Plutarco e poeti come Shakespeare. Dal lungomare di Alessandria, dove oggi l’immensa cupola della ricostruita biblioteca riecheggia il sogno tolemaico di concentrare nelle sale tutto il sapere del mondo, si può scorgere il punto in cui morirono, travolti da fanatismo di potere, Cleopatra e il suo amante, Marco Antonio.
Reduce dalla sconfitta navale di Azio, contro il rivale Ottaviano, futuro Augusto, Antonio si trafisse con la spada, ma prolungò l’agonia fino a farsi trasportare al Mausoleo, per esalare la vita tra le braccia della complice. Il mistero avvolge quei momenti fatali. Ma pare certo che Cleopatra, asserragliata nel Mausoleo e decisa a non cadere viva in mani nemiche, mentre già si udiva il fragore delle legioni di Ottaviano che marciavano in Alessandria, abbia accolto Antonio, facendone salire il giaciglio per mezzo di funi alle finestre della sua ultima dimora.
Seguendo l’uso macedone, la cappella funeraria aveva l’entrata bloccata da una traversa di porfido, pesante tonnellate. E uno dei reperti sottomarini di Tzalas avrebbe le carte in regola per essere identificato come il possente chiavistello di pietra, muto testimone di quel leggendario nodo di suicidi.
Notizia freschissima, che rimbalza da Rovereto, tra le montagne del Trentino, dove il locale Museo Civico promuove il festival del cinema archeologico, ottima platea scelta da Tzalas per divulgare gli esiti della sua ricerca subacquea. Vano, però, sperare di trovare le storiche sepolture.

Ottaviano fece disperdere le ceneri dei suoi nemici. Un nuovo despota non permette che intorno ai cimeli dei vinti si coagulino i progetti di una eventuale resistenza. Le ragioni dell’amore - e della pietà funebre - non la spuntano mai su quelle della politica.

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