Con la rivoluzione dei Pir più credito al made in Italy

Barrese (Intesa): «È un investimento anche per la previdenza». E il mercato italiano vale 16 miliardi

Sofia Fraschini

Nuovi orizzonti per il risparmio gestito con l'avvio, anche in Italia, dei «Pir»: i «Piani individuali di risparmio».

«Si tratta di uno strumento che può essere considerato come una nuova forma di previdenza complementare senza averne però i vincoli tipici», spiega Stefano Barrese, responsabile della divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo alla presentazione dei tre prodotti di investimento studiati da Ca' de Sass per il debutto, per prima, in questa nuova arena del credito.

Una rivoluzione che consentirà di indirizzare la grande liquidità in mano alle famiglie (3 trilioni di euro) verso l'economia reale: aziende italiane, e in particolare le piccole e medie imprese. Intercettando in questo modo l'evoluzione positiva del Pil che, nel triennio 2016-2018, è atteso in crescita del 4 per cento.

«È un meccanismo che potrebbe aiutare la piccola e media impresa italiana a stare al passo con la quarta rivoluzione industriale in corso che - ha commentato Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria ci obbliga a un cambio di passo e a mettere in moto massicci investimenti (per crescere, ma anche per rinnovare macchinari ormai obsoleti). Un cambiamento per il quale il tradizionale canale del credito non basta più.

Basti pensare che, per altro, dal 2008 a oggi, in Italia gli investimenti fissi lordi nel settore privato sono scesi del 25,2% mentre nella zona euro il calo medio è stato del 9,2 per cento. «Le ragioni di questo trend sono soprattutto l'eccesso di burocrazia, la bassa produttività del sistema, l'incertezza della domanda», spiega il capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, che mette in luce anche l'eccessiva leva finanziaria delle imprese italiane, con i prestiti bancari che sono sempre la voce principale. Le stime della Banca d'Italia indicano, quindi, in 200 miliardi la necessità finanziaria utile a far convergere la leva del sistema made in Italy sulla media europea, più una corrispondente riduzione dell'indebitamento.

Con i Pir, lo scopo è quello di iniziare un percorso virtuoso di questo tipo e di raggiungere quindi un doppio obiettivo: permettere all'investitore di puntare su un investimento sicuro e redditizio (una nuova cassaforte), ma indirizzarne le finalità in favore del motore economico del Paese: l'impresa. «Oggi infatti - ricorda Gregorio De Felice - solo il 2% dei risparmi delle famiglie è puntato sulle azioni di imprese italiane». La potenza di fuoco intercettabile è invece molto più ampia e, secondo la banca, si aggira attorno ai 16 miliardi; di questi, 10 potrebbero arrivare dal retail e 6 miliardi dagli investitori istituzionali. Questo, grazie al fatto che i nuovi strumenti permettono ai risparmiatori di beneficiare dell'esenzione fiscale prevista dalla normativa per gli investimenti fino a 30mila euro l'anno (massimi 150mila in 5 anni), a patto che siano al 70% su emittenti italiani, con focus anche sulle Pmi (di questo 70% almeno il 30%, pari al 21% dell'investimento totale, è rappresentato da strumenti finanziari diversi da quelli inseriti nel Ftse Mib o in altri indici equivalenti). Così, Eurizon Capital, la sgr di Intesa Sanpaolo, ha creato 3 fondi comuni ad hoc, con diversi profili di rischio «con i quali sono stati già raccolti circa 30 milioni di euro nella sola prima settimana dal lancio», ha spiegato Barrese, svelando di aver lui stesso investito nel primo giorno di adesione 30mila euro (cifra massima annuale consentita), ma senza fornire una stima di raccolta: «Non abbiamo target di raccolta sul prodotto perché sarebbe in contrasto con la natura dello strumento che rientra nello scaffale dei nostri prodotti a disposizione del risparmio gestito, l'augurio è di farne tanti».

Nel dettaglio, l'offerta della Sgr punta a coprire le diverse esigenze degli investitori creando tre fondi comuni, differenziati per profilo di rischio: conservativo, moderato e dinamico, con un peso azionario crescente, rispettivamente al 20%, 40% e 70 per cento. «I nostri portafogli - spiega Tommaso Corcos, ad di Eurizon Capital - utilizzano una strategia di gestione attiva e diversificata sulle componenti azionarie e obbligazionarie con un continuo monitoraggio del rischio».

Parlando di rendimenti, invece, il target a cinque anni che è stato indicato da Intesa si aggira intorno al 6-7% medio annuo per la parte azionaria e sul 3-4% medio annuo per quella obbligazionaria.

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