Coronavirus

Centinaia di nidi privati a rischio chiusura: "Il governo ci lascia morire"

La protesta dei gestori dei nidi privati, costretti a sospendere le rette per l'emergenza coronavirus: "Ancora aspettiamo i soldi per la cassa integrazione". E gli imprenditori del Lazio denunciano: "Il bonus della Regione? Una miseria"

Centinaia di nidi privati a rischio chiusura: "Il governo ci lascia morire"

"Anche questa è diventata l’ennesima guerra fra poveri, le famiglie non vogliono o non riescono più a pagare le rette, noi non riusciamo ad andare avanti senza soldi". Carlo Pallini è il gestore di un asilo nido privato in zona Anagnina, alla periferia Est di Roma. Da quando è iniziata l’emergenza Covid la struttura ha chiuso i battenti. "Abbiamo deciso di sospendere le rette, ma dobbiamo continuare a pagare affitto e stipendi", si sfoga. Per questo, ci assicura, il destino di almeno la metà delle strutture come la sua è già segnato. "Il nostro orizzonte è drammatico, non sappiamo quando potremo riaprire e nel frattempo le spese sono ingenti, i fondi per la cassa integrazione promessi dal governo non arrivano, e quindi a molti non resterà che chiudere, con tutto ciò che ne conseguirà per lavoratori e famiglie", spiega l’imprenditore sentito da ilGiornale.it.

Pallini coordina 6.500 gestori di asili nido e scuole materne private del Lazio con un’associazione, Educhiamo, nata in tutta Italia proprio per far fronte alla crisi del settore provocata dalla pandemia. Al governo hanno chiesto l’estensione del ricorso alla cassa integrazione per tutto il periodo di stop, un contributo a fondo perduto per coprire i costi fissi delle attività, un credito di imposta per il canone di locazione e l’esonero dalle imposte fino alla riapertura dell’attività. "La cassa integrazione per i dipendenti è l’unica misura contenuta nel Cura Italia a cui abbiamo avuto accesso, le agevolazioni per l’affitto, infatti, sono riservate soltanto ai locali commerciali", spiega Pallini che dieci giorni fa è stato ascoltato in videoconferenza dall’assessorato al Welfare della Regione Lazio per fare il punto della situazione.

"Devo dire che mi aspettavo più collaborazione, mi hanno detto che avevano già pronto un piano, quello contenuto nelle due delibere di giunta dello scorso 14 aprile, che però non ci soddisfa". Con il provvedimento la giunta ha messo a disposizione di 486 strutture accreditate, 6 milioni di euro. Di questi 3 milioni serviranno a sostenere 227 nidi e materne private, attraverso un bonus di cento euro al mese per ogni alunno, erogabile fino al mese di luglio. "Il problema – spiega Pallini – è che le strutture private sono molte di più, visto che l’accreditamento con la Regione non è obbligatorio". "Per loro – chiarisce – non è previsto alcun tipo di aiuto".

"E poi – protesta – è un’elemosina anche così". "Io ad esempio – va avanti l’imprenditore – grazie a questa delibera percepirò 1900 euro ogni mese, pensi che ne pago tremila soltanto di affitto". L’associazione ha stimato che per consentire a nidi e materne private del Lazio di arrivare indenni alla fine dell’emergenza il contributo dovrebbe essere di 300 euro a bambino per i nidi e 200 per le scuole dell’infanzia. "Alla Regione chiediamo di estendere i benefici a tutte le strutture del territorio, che sono migliaia, e di aumentare il bonus per permetterci almeno di sopravvivere", incalza Pallini. "Siamo stati dimenticati dalle istituzioni – si lamenta – se le cose rimangono così chi riuscirà a non chiudere, a settembre sarà sommerso dai debiti".

A protestare è anche il vicepresidente della Camera dei Deputati, Fabio Rampelli, che chiede alla Regione guidata dal leader Dem, Nicola Zingaretti, di rimediare "a questa sperequazione agendo subito verso le scuole private". "Gran parte di queste opera nei nidi e copre uno storico buco del servizio pubblico – aggiunge Rampelli - si tratta di un segmento sociale che negli anni ha creato un'offerta di cui bisogna tener conto, facendosene carico". Il danno che deriverebbe dalla chiusura di queste strutture, spiega il deputato di Fratelli d’Italia, sarebbe duplice: "All'impresa perché oltre a chiudere sarà costretta a licenziare, e alle famiglie che dovranno farsi carico del problema perché non potranno nemmeno lasciare i figli nelle pubbliche o nelle accreditate".

L’appello al governo e al governatore del Lazio, dunque, è quello di "modificare il DL Cura Italia per sostenere sia le scuole paritarie che le private e cancellare subito questa discriminazione aiutando tali servizi essenziali a resistere, in modo che quanto prima i genitori e soprattutto le mamme, possano conciliare i loro impegni lavorativi con quelli familiari".

"Non si può tornare al medioevo dei diritti della donna – attacca Rampelli – né distinguere tra figli e figliastri".

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