Stile

Rosa, blu, rosso o nero Il pizzico che dà sapore

Gli chef usano le varietà per abbellire i piatti. Quello di Cipro ricorda la brace, l'hawaiano esalta le cotture in crosta. E c'è chi mette il mare in bottiglia...

Gioia Locati

Tutto il sapore del mondo arriva con le onde. Il mare è composto di sale, lo conserva e ce lo restituisce. Come un regalo. È vero, poi, che ci mettiamo del nostro, quando costruiamo le saline o quando grattiamo il salgemma dalle cave, fino a quando ne purifichiamo i cristalli per confezionarli e venderli.

Ma il sale resta elemento primordiale. Efficace per come è: un dono della natura. Sempre più spesso i ristoranti ne riscoprono le varietà e le tavole sono imbandite con tanti mucchietti variopinti (dal Rosa dell'Himalaya al nero di Cipro al grigio di Bretannia). C'è addirittura chi, oltre al carrello dei formaggi e dei dolci, ne sfodera uno con i sali di varia provenienza, suggerendo come abbinarli.

Roberto Di Pinto, chef del Milano Bulgari Hotel, usa i fiocchi di Maldon per condire i piatti freschi e crudi e il Guerande sulle carni cotte a basse temperature: «Il Maldon si scioglie a contatto con le labbra, lo uso sulle insalate, è simile al nostro sale di Trapani, si presenta a fiocchi: ottimo sul pesce, anche crudo».

Lo chef «televisivo» Massimo Malantrucco ricorre al sale per i suoi effetti scenografici: «Il Cipro ha scagliette nere, simili alle brace, sta bene sulle carni. Il sale delle Hawaii, rosso mattone, è perfetto per le cotture in crosta». Già, l'occhio vuole la sua parte. Ma anche il naso. Vai a sapere che proprio l'acqua di mare viene imbottigliata e venduta (un euro al litro) da un'azienda spagnola...

Francia, Cipro, Himalaya...e l'Italia? Un tempo ogni città di mare aveva la sua salina, e a testimoniare il ruolo del sale usato anche come moneta di scambio, resiste la via Salaria fra Roma e il mare Adriatico. Oggi le saline sono rimaste solo quattro: S.Antioco in Sardegna, Trapani, S.Margherita di Savoia in Puglia e Cervia.

Sono diventati presidio Slow Food sia il sale di Trapani - ricco di potassio e magnesio e con basse quantità di cloruro di sodio (l'elemento meno salubre del sale) che quello di Cervia, classificato dolce per via del microclima, tra campagna e mare, che ne governa la raccolta.

Ma il sale si ricava anche dalle miniere di salgemma. Le più famose sono le siciliane di Petralia, Racalmuto e Realmonte, la calabrese di Lungro e le toscane di Volterra. Qui si presenta sotto forma di cristalli, croste o stalattiti e l'estrazione richiede un procedimento laborioso. Il sale di cava è quasi completamente composto da cloruro di sodio e, insieme con il marino integrale e il sale iodato è fra le varietà più vendute. L'integrale non è raffinato (lo si ottiene dall'evaporazione dell'acqua di mare) e mantiene i suoi minerali. Il sale iodato, invece, subisce un processo di raffinazione e viene arricchito di iodio. Per limitare l'eccesso di sodio alcuni chef suggeriscono di insaporire i piatti cotti con il Gomasio, mix di poco sale e molto sesamo. «Lo si può preparare anche a casa - rivela Giorgio Bardelli di «Grotto del Sorriso» a Cassano Val Cuvia - con un 10% di sale integrale e il rimanente di semi di sesamo tostati e schiacciati.

Si mantiene molto bene in un vaso chiuso».

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