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Rugby e arbitri, attacco all'Italia

Dopo la contestata direzione di Italia-Nuova Zelanda, la federazione internazionale si schiera con gli All Blacks: «La mischia azzurra violava le regole»

E buonanotte al fair play del rugby, la regola non scritta per cui a fine partita non si parla più nè delle scorrettezze degli avversari nè degli sbagli dell'arbitro. La partita di sabato scorso a San Siro tra Italia e Nuova Zelanda si trasforma in un incidente diplomatico senza precedenti, al centro del quale c'è proprio l'arbitro: Stu Dickinson, fischietto australiano, riuscito nella straordinaria performance di fare imbufalire entrambe le squadre in campo. A San Siro Dickinson era stato fischiato senza pietà dagli 80mila spettatori, che lo accusavano di tollerare i trucchi con cui gli All Blacks riuscivano a tenere ferma l'azione per gli ultimi quindici minuti del match a pochi metri dalla propria linea di meta. A partita conclusa, erano stati i tecnici neozelandesi ad attaccare l'arbitro, responsabile a loro dire di avere fischiato troppi falli a favore dell'Italia. E, a rendere ancora più inconsueto lo scontro, oggi pomeriggio l'International Board, la cupola del rugby mondiale, si schiera risolutamente a favore del più forte dei due contendenti. Paddy O'Brien, responsabile arbitri del Board, si reca di persona nell'albergo inglese che ospita attualmente gli All Blacks per scusarsi dell'arbitraggio di Dickinson che avrebbe pesantemente penalizzato la Nuova Zelanda a San Siro. Immediata e furibonda la replica italiana: la Fir in un comunicato «desidera esprimere il proprio stupore e il proprio dissenso» per la discesa in campo di O'Brien.
La sacralità dell'arbitro di rugby, insomma, da oggi appartiene ufficialmente al passato. Uno sport che aveva fatto del suo rispetto assoluto per le decisioni arbitrali («prendersela con l'arbitro è inutile come prendersela col vento o con i rimbalzi della palla», dicevano i vecchi allenatori) un pezzo del suo Dna, oggi raggiunge e supera i peggiori vezzi polemici del calcio. Per capirsi, l'iniziativa di O'Brien di visitare l'albergo degli All Blacks equivale ad un Collina che dopo un Milan-Inter particolarmente contrastato andasse a Milanello a chiedere perdono.
Nelle sue dichiarazioni ad un sito neozelandese, O'Brien aveva definito «povero e deludente» l'arbitraggio di Dickinson. Ed era entrato nel merito del match di San Siro: quello che agli spettatori dello stadio milanese era apparso evidente, e cioè la clamorosa supremazia della prima linea italiana, soprattutto a sinistra, nei confronti di quella neozelandese, invece secondo O'Brien si riassume in una serie di scorrettezze commesse dal pilone italiano Martin Castrogiovanni e poi da Salvatore Perugini. I falli a ripetizione fischiati da Dickinson contro la Nuova Zelanda, dopo che gli All Blacks facevano crollare la mischia sotto la spinta azzurra, sono stati definiti da O'Brien «assolutamente sbagliati». Il comportamento dei piloni italiani viene definito «assolutamente illegale». E nei convulso quarto d'ora finale della partita, anzichè le otto mischia a favore dell'Italia decretate dall'arbitro si sarebbero dovuti decretare «sette calci di punizione a favore della Nuova Zelanda».
Si tratta, come si vede, di una scelta di campo assai esplicita. Che per lo staff azzurro è difficile da digerire perchè delegittima uno degli aspetti della partita di sabato che avevano generato più entusiasmo, la tenuta della prima linea.

E suona come un messaggio d'avvertimento per l'arbitro che sabato prossimo dovrà dirigere a Udine Italia-Sudafrica, secondo test match della serie autunnale della nostra Nazionale.

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