Rugby, una squadra in cella per fare meta oltre le sbarre

L'idea era nata tempo fa, in seguito ad una visita di alcuni atleti degli Aironi che, reduci dalla disfatta in Heineken Cup contro il Clermont (82-0), usciti dallo stadio Brianteo di Monza si recarono in carcere. Durante quella partita, alcuni detenuti avevano stampato delle locandine: «La prossima volta vi faremo giocare a rugby», aveva promesso il presidente Paolo Carcassi, vicino di casa dei detenuti (il campo del Rugby Monza è adiacente alla casa circondariale). Ora tutto questo diventa realtà. Il progetto si chiama «Rugby in carcere» ed è stato ideato dall'Asd Rugby Monza 1949 ed il Grande Brianza Rugby. Lo stesso Paolo Carcassi, presidente del Rugby Monza, spiega il perché: «Vogliamo portare ai detenuti sostegno attraverso un'esperienza sportiva e umana emozionante - le sue parole - siamo vicini di casa, riusciamo a sentire le nostre reciproche urla: quelle che vengono dal campo di gioco e quelle dalle celle dei detenuti. E allora ci siamo detti: perché no?».
Dall'altra parte c'è Alessandro Geddo, giocatore del Rugby Monza con un trascorso in serie A a Brescia, e Francesco Motta, giocatore del Grande Brianza Rugby, entrambi allenatori della squadra del carcere: «Per ora stiamo iniziando a conoscere lo sport e le sue regole, poi progressivamente abitueremo i ragazzi al contatto per portarli a disputare tra un po' una vera partita - spiega Geddo - L'obiettivo finale è affrontare una selezione degli atleti Old e della Prima squadra della Grande Brianza». Ma sono solo sport: «Prima di tutto rispetto degli avversari e delle regole - la prospettiva più ampia che ci siamo dati va ben oltre l'immediato risultato agonistico. Abbiamo voluto in questo modo offrire un'opportunità di amicizia a chi esce. Chi fa parte oggi della squadra di rugby potrà contare, una volta uscito, sul sostegno del Rugby Monza, saprà che su quel campo ci sono degli amici. Ed è questa la vittoria più grande». Coinvolti, da ottobre, 18 detenuti della casa circondariale di via San Quirico, che si allenano regolarmente ogni mercoledì mattina dalle 9 alle 11 sul campo interno alle mura che già ospita la squadra di calcio a sette del carcere iscritta al campionato Open C del Csi. I novelli rugbisti (alcuni italiani, altri peruviani, ecuadoregni, brasiliani, rumeni ma non solo) si scaldano: il progetto ha trovato l'appoggio anche degli agenti di polizia penitenziaria, Prefettura e Comune. E tra 100 flessioni e 200 addominali al giorno il sogno di una vera partita, magari fuori dalle mura, cresce: per respirare un po' di libertà. E per cercare di rientrare in società: quello che dovrebbe fare il carcere.

E quello che fa anche il rugby.

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