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Sì, il bilancio è in crisi ma non dovete toccare il montepremi

Dio solo sa quanto avremmo voluto sfilarci di dosso le vesti di Cassandra, ma la precaria situazione in cui versa l'ippica nostrana proprio non ce lo consente. Il 2010, infatti, sta inesorabilmente portando al pettine la miriade di problemi accumulati in vent'anni di gestione dilettantesca (per usare un eufemismo, ma l'aggettivo dovrebbe essere ben più pesante). L'ippica in questo primo scorcio del nuovo anno assomiglia ad un nobile decaduto che, dopo aver ricevuto una cospicua eredità dallo zio d'America (leggi il ministro Zaia), esaurita l'euforia del momento si sveglia bruscamente consapevole che con quei soldi inaspettati non ci paga neanche i debiti accumulati da varie generazioni con le mani bucate. E il nostro si ritrova a fare i conti con la dura realtà: i soffitti del castello di famiglia crollano.
L'Unire si ritrova esattamente in questa situazione e non sa come uscirne. Dovrebbe investire per cercare di fermare un trend molto negativo (nella prima settimana del 2010 il movimento delle scommesse ha fatto registrare un -8 per cento, ma lo scorso anno si è chiuso con un ben più pesante -13 per cento) ma deve anche pensare a ripianare i debiti. L'ente pubblico che governa l'ippica assomiglia sempre più ad un elefante in perenne equilibrio sulla corda che ora rischia di spezzarsi. Il Collegio sindacale non se l'è sentita, infatti, di avallare il bilancio 2009 che, nonostante l'iniezione di 150 milioni di euro di denaro fresco proveniente dalle slot-machine ed affini, non raggiungerebbe il pareggio a causa di debiti pregressi con le banche.
In queste condizioni appare estremamente aleatorio anche il bilancio di previsione del 2010. Il segretario generale Riccardo Acciai, con una mossa invero condivisibile, ha pensato bene di far slittare i debiti per non privare il settore di risorse che servono subito per tentare un rilancio. Bene ha fatto il solerte e coraggioso Acciai a destinare pare 6-8 milioni di euro per pubblicità sui media (l'ippica è assente da anni sui giornali e, soprattutto, sulle Tv generaliste: negli States non per nulla sono soliti dire: se non appari in televisione, non esisti...). Meno condivisibile, invece, appare l'intento di aumentare a otto milioni (dai due precedenti) il contributo a carico dell'ente a favore della Cassa allenatori, guidatori e fantini. Non ce ne vogliano queste categorie, ma ci sembra un fatto senza precedenti che un ente pubblico debba sobbarcarsi l'onere della cassa pensioni di dipendenti di terzi.
Questa sarà una settimana di passione e di decisioni importanti: all'ente mancano all'appello almeno 50-70 milioni di euro per far quadrare il bilancio e sarebbe un delitto, a nostro avviso, andare ad incidere sul montepremi cioè l'anello debole della catena. Eppure si sente dire che il montepremi (unica fonte di reddito per le categorie ippiche) sarà decurtato di 13 milioni di euro, passando da 218 a 205. Fossimo nei panni, obiettivamente non facili, del solerte Acciai interverremmo innanzitutto sui contributi agli ippodromi (125 milioni di euro l'anno) instaurando un sistema meritocratico e sulle spese generali. E poi cercheremmo di approfondire con Aams la sua disponibilità ad esaminare l'ipotesi di elargire un contributo fisso al settore seguendo le orme già percorse con successo dal Coni.

Chi scrive sostiene con forza su queste colonne la strada del minimo garantito da parecchi anni, quindi in tempi non sospetti. Perché non provarci?

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