Coronavirus

Uno studio smonta le chiusure: "Il Covid così va via tra 10 anni"

Secondo uno studio pubblicato su Science più Covid circolerà velocemente e più in fretta finirà l’incubo. Ma tutto deve avvenire proteggendo le categorie a rischio con cure e vaccini

Uno studio smonta le chiusure: "Il Covid così va via tra 10 anni"

Sul modo di affrontare il coronavirus bisogna essere cauti. Ancora oggi, a circa un anno dalla sua comparsa ufficiale, il Covid sta causando morti praticamente in tutto il mondo. Eppure vi è uno studio effettuato da Jennie S. Lavine del Dipartimento di Biologia della Emory University di Atlanta e Ottar N. Bjornstad del Dipartimento di Biologia e del Centro Dinamica delle malattie infettive dell’Università dello Stato della Pennsylvania che rivoluziona in modo clamoroso le nostre conoscenze sull’evoluzione del coronavirus.

Secondo i risultati di tale ricerca, infatti, parte delle misure adottate fino ad oggi contro il Covid potrebbero essere state controproducenti nella lotta al nemico invisibile. Nella ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Science, i due esperti sottolineano come sia fondamentale far diventare il virus endemico e non così virulento come lo è ora.

Lavine e Bjornstad sostengono che il Sars-Cov-2 è diventato così diffuso a livello planetario da esserci poche possibilità di una sua eliminazione diretta. Un problema, certo. Ma va ricordato gli esseri umani convivono con altri coronavirus endemici che causano più reinfezioni ma generano un'immunità diffusa sufficiente a proteggere gli adulti da gravi malattie, in quanto hanno un’aggressività decisamente più indebolita. In pratica si parla di virus paragonabili a quelli influenzali, con un rapporto di mortalità per infezione (Ifr) molto basso, pari allo 0,001.

Dallo studio, come ha evidenziato Affaritaliani.it, emerge che più il virus circolerà velocemente e più in fretta avremo finito di combattere questa guerra. Se, invece, si continua a tentare di limitarne la diffusione, allora ci vorranno 10 o 20 anni per tornare alla normalità. Ciò non significa lasciar correre in totale libertà Covid. Bisogna, infatti, usare tutti gli strumenti utili, come le cure diffuse ed i vaccini, per proteggere le categorie a rischio. Invece bisognerebbe eliminare qualsiasi forma di distanziamento sociale e di protezione per poterlo diffondere più possibile e ridurne l’aggressività. Così facendo il coronavirus si manifesterebbe come una normale influenza. Questo processo, oltre ad abbassarne la virulenza, offrirebbe anche un’altra opportunità: ridurrebbe l’età di diffusione interessando principalmente i bambini che hanno un sistema immunitario più forte.

Per le loro conclusioni, i due scienziati hanno seguito l’evoluzione degli altri coronavirus in circolazione tenendo anche conto del profilo della malattia strutturata per diffusione di età. Altro elemento utile è stato quello di valutare l'impatto della campagna vaccinazione che, in considerazione dell’attuale bassa diffusione, potrebbe avere effetti di protezione relativamente limitati.

"La nostra analisi dei dati immunologici ed epidemiologici sui coronavirus umani endemici (HCoV) mostra che l'immunità che blocca le infezioni diminuisce rapidamente ma che l'immunità che riduce la malattia è di lunga durata", hanno sostenuto Lavine e Bjornstad. In pratica, per abbreviare i tempi occorrerebbe agire con strategie diverse. Senza dimenticare che la reinfezione è possibile un anno dopo la prima infezione, anche se con sintomi più lievi. Una volta raggiunta la fase endemica, l'esposizione primaria avverrebbe nell'infanzia. Quindi la strategia che si dovrebbe seguire è la seguente: "Affinché la maggior parte delle persone venga infettata così presto nella vita, persino più giovane del morbillo nell'era pre-vaccino, il tasso di attacco deve superare la trasmissione dalle sole infezioni primarie".

Sconfiggere Covid

"Tuttavia, una volta che i dati demografici dell'infezione raggiungono uno stato stazionario, il nostro modello prevede che i casi primari si verifichino quasi interamente nei neonati e nei bambini piccoli, che, nel caso di Covid-19, sperimentano un CFR basso e un IFR contemporaneamente basso", hanno spiegano ancora i due scienziati. "Si prevede che le reinfezioni negli individui più anziani siano comuni durante la fase endemica e contribuiscano alla trasmissione hanno proseguito-, ma in questa popolazione allo stato stazionario, gli individui più anziani, che sarebbero a rischio di malattia grave da un'infezione primaria, hanno acquisito l'immunità che riduce la malattia dopo l’infezione durante l'infanzia", se si ragiona sul lungo periodo.

Questa transizione ad un virus più debole "può richiedere da pochi anni a pochi decenni, a seconda della velocità con cui si diffonde l'agente patogeno", hanno scrittoLavine e Bjornstad che hanno anche sottolineato che "rallentare l'epidemia attraverso misure di allontanamento sociale che riducono R 0 vicino a 1 appiattisce la curva, ritardando così le infezioni e prevenendo la maggior parte dei decessi precocemente, offrendo un momento critico per lo sviluppo di un vaccino efficace”.

Per eliminare gli effetti più gravemente patogeni della Sars-Cov 2 il virus va fatto circolare. Così facendo sarà più facile trovare un vaccino sempre più efficace: "Se è necessario un frequente potenziamento dell'immunità mediante la circolazione virale in corso per mantenere la protezione dalla patologia, allora potrebbe essere meglio che il vaccino imiti l'immunità naturale nella misura in cui previene la patologia senza bloccare la circolazione del virus in corso". Inoltre, i due scienziati hanno spiegato che i risultati preliminari suggeriscono che il vaccino a base di adenovirus sia "migliore nel prevenire infezioni gravi rispetto a quelle lievi o asintomatiche, e sarà importante produrre tecnologie simili per gli altri vaccini”. Dopo l’immunizzazione con un tale farmaco viene prodotta la proteina spike superficiale che attiva il nostro sistema immunitario affinché attacchi il virus e lo debelli.

Tesi che di sicuro susciteranno polemiche e critiche.

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