Cultura e Spettacoli

"Sbaglia chi demonizza la chimica e gli Ogm E ora vi spiego perché"

Dario Bressanini spiega che nessun cibo che siamo abituati a mangiare esiste in natura così come lo conosciamo

"Sbaglia chi demonizza la chimica e gli Ogm E ora vi spiego perché"

Dario Bressanini, 52 anni, chimico al Dipartimento di Scienza e alta tecnologia dell'Università dell'Insubria a Como. Cinque libri di divulgazione scientifica dietro di sé, e uno davanti, a cui sta lavorando, per spiegare che nessun cibo che siamo abituati a mangiare esiste in natura così come lo conosciamo. Tutto si modifica. Tranne l'equazione: “bio”=natura=sano, Ogm=chimica=nocivo.

Arriva l'Expo e tutti parlano di cibo. Com'è il cibo che mangiamo?

«Dal punto di vista sanitario e nutrizionale ottimo. Nei Paesi sviluppati gli alimenti nei supermercato sono controllatissimi, senza rischi di intossicazioni. Ancora fino a 70 anni fa, il cibo di scarsa qualità era all'ordine del giorno. Qui non ci sono problemi».

E dove sono i problemi?

«L'Italia ha un punto di forza nella produzione agricola primaria: produciamo ad esempio molto riso e mele. Che esportiamo in Europa. Ma la pasta, che è il nostro simbolo, la facciamo con frumento importato. Il grano tenero e il grano duro che usiamo è straniero. Bene: questa cosa non si dice. La verità è che manca la percezione di come vengono prodotti i cibi. Qui vincono i pregiudizi».

Tipo: natura buona, scienza cattiva.

«Questo è il più diffuso. Un'idea perversa figlia di due fattori. Primo: i cittadini che chissà perché hanno iniziato a diffidare della scienza, e non solo riguardo al cibo, ma anche verso la medicina, i vaccini, la produzione di energia... Secondo: il marketing che ne ha approfittato, cavalcando alcuni fatti specifici, come l'incidente di Chernobyl o la Mucca pazza, per attribuire una valenza positiva alla parola “naturale” che in sé significa nulla. Tutto ciò che mangiamo è “artificiale”, nel senso che tutto necessita dell'intervento dell'uomo, e dell'industria».

«Bio» uguale salutare, chimica uguale nocivo.

«Qui si fa un passo ulteriore. “Biologico” nella testa del consumatore significa qualcosa di più sano, più buono, più salutare - altra cosa sfruttata dal marketing - ma non è vero. I regolamenti sul “bio” a livello europeo, a fronte di molti abusi negli anni '60 e '70, cercano solo di imporre modi produttivi meno impattanti sull'ambiente: usare meno acqua e sostanze chimiche ad esempio. Tutto qui. Il cibo convenzionale è sicuro tanto quanto il biologico. In Germania nel 2012 sono morte persone perché hanno mangiato germogli biologici. “Bio” non significa “più sano”. Ci guadagna il terreno, non la nostra salute».

Dicono che ci guadagnano le multinazionali...

«Guardi, se uno vuole coltivare il proprio orto in giardino va bene tutto e può fare a meno della chimica, e infatti poi le lumache gli mangiano l'insalata. Ma se un agricoltore vuole fare reddito, deve difendersi dai parassiti, e quindi usare prodotti chimici. Anche il “biologico” li usa: non i prodotti di sintesi realizzati in laboratorio, ma ad esempio, nella coltivazione della vite e non solo, i sali di rame sì. Che è una sostanza tossica. In passato si esagerava coi pesticidi, è vero. Ma ora l'Unione europea ha fatto piazza pulita. Fare agricoltura senza prodotti chimici è impossibile, altrimenti si torna alle mondine».

Torniamo agli Ogm.

«Pochi sanno che in Italia non si può coltivare Ogm. Ma si importano. Compriamo 3 milioni e 350mila tonnellate all'anno di soia Ogm che va a finire nei mangimi per gli animali. Vuol dire che la stragrande maggioranza dei nostri prodotti dop - grana, parmigiano, prosciutto, salami, uova, conigli, formaggi, latte... - derivano da animali nutriti con Ogm. Questo non è un segreto. Ma noi continuiamo a non dirlo. L'importante è che non si producano Ogm. Poi però si comprano all'estero. Capisce che è una posizione ipocrita».

Gli Ogm sono la soluzione alla fame nel mondo?

«Non so. Forse in futuro. Di certo è una tecnologia a basso costo: fare Ogm in laboratorio, dal punto di vista scientifico, costa pochissimo. E infatti molti Paesi del Terzo mondo che vengono all'Expo portano le loro novità, prodotti più resistenti alle malattie: l'Uganda sta facendo banane Ogm, Cuba la canna da zucchero Ogm... E nel caso di Cuba il monopolio delle multinazionali non c'entra. Vai a spiegarglielo agli ugandesi, col problema di mettere insieme il pranzo con la cena e i raccolti malati, che non possono usare gli Ogm...».

Un bel problema.

«No, il problema è che nei Paesi occidentali ricchi la gente ha un'idea oleografica della faccenda: il “bio”, l'orticello bucolico urbano, il Km zero... Guardi che i problemi non si risolvono col basilico coltivato nel vaso sul terrazzo».

Quelli che «Io solo cibo biologico e prodotti di stagione...» da una parte, voi scienziati dall'altra. Chi vince?

«Loro! Hanno già vinto. L'Italia fino al 2000 era all'avanguardia nella ricerca sugli Ogm, poi è arrivato Pecoraro Scanio che ha bloccato tutto. E dopo sia destra sia sinistra sono state sempre contro, perché parlare di Ogm elettoralmente non paga. Meglio farli coltivare in Brasile e comprarli.

In silenzio».

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