Roma

Alla scoperta di Gradoli, capitale dell’Aleatico

Il paese della Tuscia deve ai Farnese le sue bellezze architettoniche

Renato Mastronardi

Cambio la solita scaletta e, questa volta, parto da una griglia di partenza che vede in prima fila un menù di eccezionali portate. Un’autentica fiera di varietà gastronomiche. Così, tanto per gradire, si può cominciare con brodo di tinche e poi, a seguire, fagioli bianchi all’olio lessati nel pignatto col fuoco lento a legna, baccalà fritto e in umido, frittura di pesce e dolcetti del luogo. Vini di ogni provenienza territoriale, ma, soprattutto, il celebre Aleatico che primeggia fra i doc del viterbese e che, da queste parti, non ha rivali. Rosso rubino, odore intenso e inconfondibile con gusto di marasca e di viola. L’Aleatico, insomma, è la gloria più autentica delle vigne di Gradoli.
Un po’ di storia. Il paese, che dista appena 43 chilometri da Viterbo, si situa in bellissima posizione tra la Toscana e il lago di Bolsena e quasi a protezione di una zona collinare di quella parte dell’alta Tuscia ammantata di vigneti e oliveti dove si trovano i suggestivi borghi - quasi tutti di origine etrusca o medioevale - di Grotte di Castro, Omaro, Latera e Capo di Monte. In particolare, di Gradoli, sappiamo che soltanto nel Duecento raggiunse la dignità di libero comune per poi passare sotto il dominio e l’amministrazione, non sempre illuminata, di vari feudatari. E si tratta di esperienze storiche sulle quali spesso, cronisti compiacenti, hanno steso il velo di «pagata» omertà. Tant’è che solo a partire dal XVI secolo le fonti ci offrono spunti tali da permetterci di guardare alla vita del piccolo borgo come all’annuncio di un interessante rinascimento locale. Ciò avvenne quando il feudo fu annesso al Ducato farnesiano di Castro.
Da vedere. Proprio ai Farnese appartengono le emergenze architettoniche e monumentali che designano Gradoli come una delle più interessanti mete turistiche dell’intero circondario. E, infatti, ancora oggi, nell’antico borgo cui si accede attraverso una porta preceduta da una fontana a fuso di stile viterbese, si possono ammirare la chiesa della Maddalena e il Palazzo Farnese. La Parrocchiale, barocca, si annuncia da lontano con l’elegante campanile settecentesco. Nell’interno a tre navate, custodisce una fonte battesimale rinascimentale ed un affresco del Cinquecento raffigurante la Madonna con Bambino. Si può visitare anche un piccolo Museo d’arte sacra che sorprende il visitatore con un ciclo di affreschi di scuola manieristica, raffiguranti la Passione di Cristo ed una serie di quindici tavolette del XVI secolo con i Misteri del Rosario. Più aristocratico, nonostante la sua massiccia imponenza, è il Palazzo Farnese che testimonia tutto il fasto raggiunto nel corso del 1500 dalla famiglia del Duca Pierluigi. La principesca dimora si deve alla geniale ispirazione di Antonio da Sangallo il Giovane ed è, con quella di Caprarola, la magione principesca meglio conservata del viterbese.

Dalle sue finestre si gode lo stupendo panorama del lago di Bolsena e oggi questa che prima della sua riscoperta era considerata dagli studiosi come «una malnota fabbrica sangallesca», è divenuta una delle maggiori attrazioni turistiche dell’antichissimo territorio della Tuscia farnesiana.

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