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Se marines e pensionati salvano i poeti dalla rovina

Dallo Stato non arriva un euro, dalla Regione Sicilia pochi spiccioli

Se marines e pensionati salvano i poeti dalla rovina

La Cunziria compare di colpo al centro di un vallone di pini e fichi d'india, e in un istante sembra di sentire tra le dita le pagine polverose delle vecchie edizioni dei Malavoglia, di respirare la stessa aria ruvida e intensa, rugosa, come se quelle righe fossero scritte in quel preciso momento, da uno scrittore che nei luoghi in cui è nato ha lasciato più di un segno, la sua scorza. Perché la Cunziria di Vizzini, il villaggio dove Giovanni Verga ambientò la sua Cavalleria Rusticana, è rimasta com'era, una ragnatela di pietra e finestre cieche come occhi cavati, e in più corrosa, dagli anni, dagli uccelli che ci fanno i nidi, da vento, sole, da tutto quello che la Sicilia rovescia di bello e di distratto sui suoi tesori abbandonati. Verga, Pirandello, Sciascia, Quasimodo. Per gli scrittori siciliani la terra era una musa. Siamo andati a visitare le loro case, i luoghi dove sono stati bambini e si sono mossi i loro personaggi, e abbiamo scoperto che per la gestione di questi siti letterari dallo Stato non arriva niente e dalla Regione poco più di niente, e spesso con grande ritardo. Tutto rimane in piedi con volontariato, 5 per mille, adozioni. L'Anas ha deciso di dedicare la nuova statale 640 agli scrittori siciliani e la Regione Sicilia aveva promosso già nel 2013 la «strada degli scrittori». Ma i luoghi della nuova route letteraria sono ancora in parte dimenticati. Il viaggio parte cinquanta chilometri a sud ovest di Catania, dall'antica conceria del duello tra Alfio e Turiddu, ombreggiata dai profili dei Monti Iblei, prosegue per la barocca Modica, risale la costa in direzione ovest verso Racalmuto, e infine si ferma ad Agrigento, nella casa di Pirandello.

VERGA SOCCORSO DAGLI «ALLEATI»

Vizzini non è facilmente raggiungibile: l'autobus da Catania scarica tutti in una stazione di servizio a più di un'ora a piedi dal paese. E la casa del padre del verismo italiano non è visitabile. Si trova nella piazza principale di Vizzini, al pian terreno c'è un bar tabacchi. All'epoca della morte di Verga non si pensò di avviare procedure di acquisto, di allacciarla con vincoli di soprintendenza. La famiglia dello scrittore si trasferì a Vizzini durante un'epidemia di peste che mise in ginocchio Catania. Il padre fece registrare il figlio nell'anagrafe cittadina, ma Verga, in una dedica a Luigi Capuana, si definì «villano di Vizzini». Antica Bidi di epoca greca, anticipa, nell'architettura secentesca e nelle maioliche, Piazza Armerina e la Val di Noto. Le glorie sono il formaggio canestrato e l'uomo che diede voce agli ultimi di Sicilia. Ma Verga si sente con l'immaginazione soltanto, perché vive ben nascosto. È chiusa con il catenaccio l'osteria della «Cavalleria» (visitabile a richiesta). Nella casa della Memoria e delle Arti a palazzo Trao (citato nel Mastro don Gesualdo) ci accoglie una volontaria dell'associazione Neos Bedis. Tutto il personale lavora a titolo gratuito. Le spese di pulizia e di gestione minima, 9mila euro, sono a carico del Comune. La casa museo non è sempre aperta, e la disponibilità è garantita da un insegnante di storia dell'arte, Massimo Papa. La mattina è professore a scuola, il pomeriggio fa il custode per passione. La conceria del duello con don Alfio è appunto un fossile. Di proprietà della Provincia di Catania, ora in comodato d'uso al Comune di Vizzini, per la Cunziria furono stanziati 5 miliardi delle vecchie lire, ma i lavori si interruppero per un contenzioso. Il Comune «cerca di mettere toppe ogni tanto», ci raccontano in municipio. Sulla pulizia si è risparmiato con un aiuto inatteso: la ramazza l'hanno presa in mano i marines, trenta soldati americani in servizio alla base aeronavale di Sigonella, che hanno tagliato erbacce e rampicanti infiniti. Il progetto «Marines meet Giovanni Verga» costituisce «una volgare strumentalizzazione da parte di una propaganda bellica che cerca di legittimarsi» ha gridato Luca Cangemi, della direzione nazionale di Rifondazione Comunista. E per la Cunziria non arriva un euro.

QUASIMODO IN AUTOGESTIONE

Scendendo verso la costa la roccia diventa più bianca, scavata, affonda in gole improvvise. Sono le donne ad essersi sempre occupate di Salvatore Quasimodo a Modica: prima unite nella cooperativa Etnos, ora divise in vari siti legati al Nobel. E sono tre donne a gestire, con la nuova associazione Proserpina che si autofinanzia, la casa natale in via Posterla. Ingresso 2 euro, sconti per le scolaresche. Ma c'è prima di tutto l'affitto da pagare: «È una casa privata. Accedere ai bandi regionali non è semplice». E se non ci riesce Quasimodo non c'è molta speranza per gli altri. Il panorama da qui è vertiginoso: una città costruita in un'incudine, eccesso barocco e palazzi che si inerpicano sulle pareti calcaree. La terrazza domina Modica e i suoi abissi. C'è la piccola camera natale del poeta con un letto matrimoniale. E uno studio con uno scrittorio e le prime edizioni di poesia, le traduzioni dei classici. A richiesta si può ascoltare la voce di Quasimodo registrata, malinconica e ardente. Per rilanciare l'attività, le tre donne si sono inventate le domeniche quasimodiane. Lettura, musica e degustazioni di cioccolato. La fortuna sono alcuni piccoli sponsor privati, e le donazioni di cittadini che trovano in cantina foto con il poeta. Anche a Modica la memoria si rispetta così, con fatica, generosità dal basso e poca considerazione dall'alto, tra gatti e rocce a precipizio.

LE BRICIOLE PER SCIASCIA

Risalire la costa è un viaggio nel bianco: luce accecante sul mare e orizzonti di serre. A Racalmuto si respira il profumo dei taralli al limone, gloria del paese con l'uomo che ancora cammina per il corso principale, fermato in una statua in bronzo ad altezza naturale. Leonardo Sciascia amava discettare e passeggiare, ma più di tutto amava contrada Noce, 4 chilometri di distanza da Racalmuto, il luogo «per noi più vicino alla vita: all'idea, alla coscienza, al gusto della vita», confidava agli amici. Fino a pochi anni fa La Noce rischiò pure di essere abbattuta per far posto al nuovo aeroporto di Agrigento. Due anni fa un ramo della famiglia decise di vendere invece la casa di paese delle zie, dove Sciascia fu sarto apprendista, per appena 100mila euro, e i Comuni della zona si unirono in una colletta. Iniziativa naufragata. Né Regione né governo si fanno avanti. Tutte le attività sciasciane si svolgono alla Fondazione. Palazzo acquistato dal Comune nell''87, ora è coperto da impalcature. Le attività iniziarono realmente solo negli anni 2000. Il Comune per dieci anni si dimenticò di Sciascia, con la beffa: il luogo natio dello scrittore che per primo ha fatto diventare la mafia un romanzo giallo, è stato sciolto per tre anni per infiltrazione mafiosa. Due anni fa la nuova amministrazione di Racalmuto ha ottenuto l'assegnazione di 50mila euro dalla Regione, ma i soldi non sono ancora arrivati. L'archivista lavora solo tre giorni alla settimana per carenza di fondi, quando le lettere da catalogare sono 20mila. Eppure arrivano studenti anche dal Giappone in questo paese a metà strada tra la colta ma provinciale Caltanissetta e l'eleganza scientifica della polis di Agrigento, come il suo uomo più illustre che ancora cammina per il corso. La novità sono i 10mila euro avuti l'anno scorso dal Comune mentre quest'anno l'amministrazione si appella al 5xmille. L'assessore alla Cultura, Salvatore Picone, ha scritto ai cittadini: «Ci rivolgiamo alla vostra sensibilità per promuovere tra conoscenti, amici, dipendenti, l'aiuto alla Fondazione Sciascia». Si vive alla giornata. Uno sponsor è l'azienda locale delle estrazioni saline Italkali. E Unicredit ha deciso di non chiedere più l'affitto per il circolo di Sciascia e dei suoi amici, di cui è proprietaria.

L'ACQUA DI PIRANDELLO

Se Racalmuto è conversazioni davanti a un caffè e pasticcini, contrada Kaos è solo vento e silenzio, echi del mare e di dei. Qui visse Pirandello bambino, e Pirandello adulto scrisse molti dei suoi soggetti. Gli ambulanti del grande piazzale indicano la casa. L'edificio a due piani, simile a una piccola masseria di impianto rurale settecentesco, si trova a sei chilometri dall'ingresso della Valle dei Templi. «Lo sa perché hanno dato una pulita? Perché ci doveva passare la tappa della Targa Florio. Come quando arrivò Wojtyla, lui diede un'occhiata all'asfalto fresco, capì e disse: «Il Papa qui dovrebbe venire più spesso». All'interno copie dattiloscritte, i contratti per i libretti con Ricordi. La lettera di conferimento del Nobel. In alcuni punti è caduto l'intonaco e colpiscono le crepe sia all'interno che all'esterno. Il tetto in canne e fango ha bisogno di manutenzione perché quando piove gocciola. Il personale lamenta ritardi oltre i 12 mesi sui pagamenti degli straordinari. Anche qui la memoria è una missione. Il compito tocca ora alla nuova direttrice della casa natale, Gabriella Costantino. Bisogna cambiare impianti elettrici, allarmi, adeguare anche le toilette: «Ora si lavora 15 ore al giorno». In poche settimane è stato redatto un progetto da 700mila euro da presentare all'Europa. Ma tutto è fermo a Palermo. La proprietà qui è della Regione e dalla Regione la direttrice aspetta altri fondi fiduciosa: 13mila euro subito. «La bonifica del giardino si svolge ogni anno ma il personale è arrivato in ritardo perché dovevano sottoporsi alle visite Asl di controllo». L'autonomia di gestione renderebbe tutto più semplice. «Non è possibile che anche per portare avanti rapporti con la Cina bisogna chiedere l'autorizzazione all'assessorato».

Di questo passo i soldi per Pirandello arriveranno da Pechino prima che da Palermo.

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