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Shittzer: "Vi spiego la differenza tra arte e marketing"

Shittzer è in scena fino al 18 novembre al teatro Spazio Uno di Roma con il suo personalissimo adattamento di " 9,99", liberamente ispirato all'opera di Frederic Beigbeder; un avvincente saggio sulla società dei consumi e la persuasione pubblicitaria

Shittzer: "Vi spiego la differenza tra arte e marketing"

Siamo in compagnia di Mario Shittzer, giovane regista che da una decina d'anni dalla Calabria è approdato a Roma, trovando nello storico spazio del Teatro dell'Orologio fondato da Mario Moretti, una proficua occasione per fare gavetta e sperimentare attraverso l'assistenza alla regia, una propria visione dell'arte teatrale.

È in scena fino al 18 novembre al teatro Spazio Uno di Roma, il suo personalissimo adattamento di " 9,99", liberamente ispirato all'opera di Frederic Beigbeder; un avvincente saggio sulla società dei consumi e la persuasione pubblicitaria.

Com'è nata questa idea?
Un mio amico, dieci anni fa, mi parla di questo libro, che gli aveva consigliato il giornalista Oliviero Beha. In Italia era uscito col titolo "26mila 900 lire". (Frédéric Beigbeder, scrittore, pubblicitario ed editore francese considerato un nichilista ed un provocatore, noto per la sua capacità di spaccare l'opinione pubblica su vasti temi a partire da spunti autobiografici. Amante della critica e della provocazione, ma fondamentalmente pessimista ed edonista, ama la vita sfrenata in quanto convinto dello sfacelo sopraggiungente, non privo di una punta di narcisismo). In questo libro ci vedo un viaggio dantesco a ritroso, dal Paradiso all'Inferno. Narra di un personaggio Octave, che è un creativo pubblicitario di successo che dalla vita ha avuto tutto. Soldi, coca e lusso sfrenato. Il suo lavoro è svegliarsi ogni mattina e decidere cosa far piacere agli altri. E poiché la gente felice non consuma, Octave è attento a imporre solo desideri irrealizzabili. È così fiero di avere “irresponsabilità” tanto importanti da credersi libero da qualsiasi legame. Ma la sua è un’illusione. Octave non è che uno schiavo come tanti. Schiavo della noia, della dipendenza, della solitudine. “Forse non si è morti, ma neanche troppo vivi”. Lo capirà a sue spese. Lo spettacolo accompagna la graduale presa di coscienza del protagonista in un percorso a ritroso, fatto di echi e ricordi spezzati, nati nel vuoto di un non-luogo. Uno spazio pubblicitario ancora da riempire.

Qual è secondo te, la differenza fra Arte e Marketing?
L'arte a mio avviso, parte da un'esigenza personale nei riguardi della società, una voglia di condivisione collettiva di un'esperienza. Nel marketing tu lavori per altri. L'esigenza in quel caso è vendere.

L'arte oggi, specialmente quella contemporanea, sembrerebbe rivolgersi a se stessa, non rischia l'autoreferenzialità?
Chi oggi ha 25 -30 anni e viene allo spettacolo, gente della mia generazione, percepisce la pesantezza della crisi, che nello spettacolo si denuncia. La mia generazione è amara. Altri spettatori, più adulti, ne apprezzano il lato grottesco. Sorridono anche. Sono meno immersi nella disillusione.

Come vedi il Teatro ufficiale?
Sono distante. E questo teatro è distante dalla gente. Il pubblico si divide in abbonati e non. Non sceglie. Il risultato mi fa dire che tutto il teatro è in crisi. Quando poi penso che ci sono Compagnie che prendono molti soldi e pagano pochissimo gli attori, beh, viene voglia di cambiare di cambiare tutto.

Cosa faresti per risollevare il teatro?
Ripartirei da zero. Fus (fondo unico per lo spettacolo) assegnato sotto altri termini: merito e progetti giovani. Ho fatto anni fa assistenza a un "vecchio " del teatro italiano: Sandro Giupponi, che è stato per anni l'aiuto di Franco Enriquez. Ebbene, mi raccontava che quando Enriquez dirigeva il teatro di Roma, comunemente conosciuto come L'Argentina, diede la possibilità a giovani sperimentatori di allora di farsi vedere sulle prestigiose tavole di quel palcoscenico. Mossero i primi passi così : Giancarlo Nanni e Manuela Kustermann. A quei tempi ti facevi un effetto luce con una scatola di scarpe, non avevi i soldi per noleggiare un impianto luci.

A te i soldi chi te li dà?
Ci autoproduciamo. Ci autotassiamo. Lo spettacolo è costato 1000euro in tutto e cinquecento euro per la promozione.

Chi siete?
Siamo cinque ragazzi che negli anni hanno frequentato l'Accademia del Teatro dell'Orologio, all'epoca diretta da Riccardo Cavallo e Claudia Balboni e da questa esperienza, ci siamo uniti in una associazione: Upnos, che oggi presenta anche uno spettacolo di una nostra maestra: Cristina Noci, nello spazio romano di Stanze Segrete.

Avendo rubato artisticamente da molti, hai un tuo metodo?
Parto dal testo. Faccio almeno una settimana di tavolino. Non saprei dire se ho un metodo. Mi viene da " mettere tanta carne al fuoco" e poi, asciugo, sottraggo, levo. Stimo troppo gli attori. Li stimo e li stimolo a farmi delle proposte. Questo spettacolo ha una forma pop, forte. Devi trovare una misura tra la tua idea e quella degli attori. Ho la convinzione che senza il regista il teatro si possa fare lo stesso. Senza gli attori, no. Amo l'essenzialità del teatro. Mi piace colpire al cuore.

Oggi sei un regista "Off", ma mi racconti uno spettacolo che ti sarebbe piaciuto fare, che hai visto, che era considerato "In"?
Ero bimbo. Ho visto la Medea con Franco Branciaroli che faceva Medea. La regia era di Luca Ronconi. Poi, un "gabbiano" cecoviano, all' Argentina, in piccionaia, strepitoso. Regia di Nekrosius.

Dell'occupazione del Valle, che mi dici?
Era una bella occasione iniziale per fare "quadrato" fra colleghi, attori, registi, gruppi romani su una protesta che sembrava all'inizio sacrosanta. Poi, ho fatto una scelta diversa. Chi decide di occupare lo fa in maniera totalizzante. Io mi sono sposato e poi ho un'altra attività.

Posso chiederti quale?
Da alcuni anni sono operatore educatore sociale in una cooperativa a favore di giovani disabili. Per cui, tornando e chiudendo sul Valle, non mi sembra che ci sia ad oggi un progetto valido, rispetto a quel grande exploit.

Con la politica, con gli assessori, hai avuto a che fare? Hai proposto il tuo spettacolo?
I grandi Comuni, non ti ricevono. I piccoli, si sentono di serie B, allora devono fare l'evento grosso, per nobilitarsi. Qualche anno fa, ad una "notte bianca" viterbese, ho visto addirittura un incontro di wrestling! Mi piacerebbe una normativa che permettesse allo sponsor di contribuire alla produzione e alla distribuzione del teatro. L' ingresso di una tax shelter e di sponsor sarebbero un miracolo. Sulla presunta autocensura, i grandi artisti hanno sempre trovato il modo di prendere per i fondelli il potere.

Dove possiamo vederlo dopo il 18 novembre?
Speriamo ce lo prendano a Rocca di Papa, in primavera.

(lo speriamo anche noi.)

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