Cultura e Spettacoli

Sesso, sangue e follia Ma che fatica chiamarsi Ercole

Un esimio antichista firma una biografia dissacrante dell’eroe mitologico. Che si rivela essere sì il più forte tra i semidei ma anche stupratore, killer e travestito...

Ercole era forte e coraggioso. Ma era anche un violento, un ubriacone, uno stupratore, un killer spietato, addirittura un travestito. Figura ambigua e più volte citata da commediografi, scultori, pittori, novellisti, registi, assumeva in sé la potenza e la volgarità. L’eroe a metà strada tra uomo e dio. Non a caso si vestiva di pelle di leone, qualcosa che risultava orribile per i raffinati (ma non sempre) greci. In ogni caso le sue gesta, e le celeberrime fatiche attraversano l’immaginario di ogni epoca, con significati che vanno al di là del singolo episodio per illuminare significati profondi della cultura della sua terra. In questa chiave, dissacratoria, divertente e documentatissima, parla di lui Alastair Blanshard, antichista già docente a Oxford e oggi a Sydney nel nuovo saggio Ercole, una vita da eroe (Donzelli, pagg. 144, euro 12,90).
Se si va a Pompei e si visita la Casa dei Vetii si comincia a «filmare» la vita di Ercole. Molto complessa, a cominciare dalla nascita, a Tebe. Lui venne al mondo da un sopruso, anzi da un capriccio sessuale di Zeus, il quale s’era invaghito di Alcmena, moglie di Anfitrione. Ce ne parla Euripide: il numero uno dell’Olimpo agisce con l’inganno, come era sua abitudine quando si trattava di stuprare: assume le sembianze di Anfitrione (che stava tornando dalla guerra) e giace con la moglie. L’episodio, trattato da Plauto, diventa una commedia degli equivoci, anche perché c’è lo schiavo Sosia che si trova dinanzi a un suo doppio. Grandi risate in teatro, ma spunto per riflettere sul tema filosofico dell’identità, oltreché su alcuni difficili quesiti: fu stupro? O fu adulterio? La passione di Zeus per i travestimenti è proverbiale. Alessandro Magno, che di Ercole era appassionato emulo, sosteneva che sua madre Olimpiade era stata sedotta da Zeus sotto forma di serpente...
Ercole ebbe ovviamente una giovinezza irrequieta. Il sistema pedagogico greco si basava sull’insegnamento di tre materie fondamentali: le lettere, la musica e la ginnastica. Il nostro eroe, alquanto grezzo, disdegnava la cetra e chi gli insegnava a usarla, il maestro Lino. Fu un rifiuto molto netto, nel senso che uccise il suo insegnante. Ma come potevano i greci tollerare un selvaggio di tal fatta? La risposta è quella di Alcibiade: «È meglio non allevare un leone nella tua città, ma se lo fai, trattalo come un leone». Poi venne il momento della scelta, ed Ercole si trovò dinanzi - come narra Senofonte - a due donne seducenti. Una è Virtù, alta e snella, l’altra e Vizio, formosa e volgarotta. Georg Friedrich Händel (1685-1759) ha messo in musica La scelta di Ercole, Annibale Carracci (1560-1609) dipinse invece lo splendido Ercole al bivio. Ma quale donna venne scelta? «Risultato incerto», risponde lo storico Alastair Blanshard.
La vita di Ercole non è disgiunta dalla follia. Tanto è vero che uccise sua moglie Megara, episodio «narrato» anche da Antonio Canova (1757-1822). Secondo una fonte, fu Lissa, dea della follia e figlia della Notte, a instillare pazzia nella mente dell’eroe forzuto. L’omicidio, anche il più efferato, è il prezzo della fama. In ogni caso a tenere le fila di tutto fu la gelosissima Era, moglie di Zeus. La sua ira, come racconta Seneca, era sempre di toni alti. In una delle sue crisi, grida: «Sono stata scacciata dal mio posto nei cieli dalle puttane». E a questo punto si entra nel vivo della mitologia greca: le donne sono spesso fonte di guai, e non a caso i mostri che Ercole combatte - e vince - hanno l’aspetto femminile.
I mostri tornano, e prepotentemente, nella vita di Ercole quando, dovendo espiare l’assassinio della moglie, gli viene ordinato di sterminare creature deformi. Tra queste, l’Idra dalle tante teste. Ercole riesce nell’impresa e poi intinge le sue frecce nel sangue velenoso della vittima. Qualcuno, per questo, lo ha definito «il padre della guerra batteriologica». Ma fu anche il responsabile della separazione tra Europa e Africa, quando divise i due continenti là dove poi sorse Gibilterra. Per poi andare in Italia, dove lasciò tracce indelebili come l’altare a Saturno nel colle dal Foro al Campidoglio: non a caso lì i sacrifici si praticavano «alla maniera greca». Prima di morire (probabilmente suicida) Ercole venne umiliato da una regina barbara che lo costrinse a vestire come una donna (bellissimo il quadro dipinto da Pieter Paul Rubens, nel 1603, dal titolo Ercole e Onfale). Si tratta di un altro tema cruciale, ovvero l’identità sessuale. A cui si collega il terrore, comune ai greci e ai romani, che la femminilità potesse trasmettersi. Ma non fu il caso del nostro uomo-dio, finito in parte nell’Olimpo e in parte negli Inferi.

Dove fosse la sua ombra e dove la sua vera essenza, quello non si sa.

Commenti