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Il sex-shop islamicamente corretto

Nel Paese del Golfo una donna velata apre un negozio per coppie in crisi. Vietato agli adolescenti, può fare acquisti soltanto chi è sposato. La proprietaria si è fatta pubblicità su internet ma anche sugli schermi televisivi

Il sex-shop islamicamente corretto

La soluzione ai facili costumi e all’adulterio può essere una mutandina di pizzo. Ne è convinta Khadija Ahmed, la donna che ha inaugurato e che gestisce, rigorosamente velata, il primo e unico sex shop aperto in Bahrein. «Perché i coniugi vanno a cercare altrove le cose di cui hanno bisogno? Perché si instaura la routine - spiega la proprietaria di “Darkhadija”, (“la casa di Khadija”) -. Per questo il mio negozio vuole rendere un servizio alle coppie sposate, e soltanto a quelle, facendo sì che la loro vita sessuale sia più eccitante». La pioniera del mercato sexy in terra islamica ha avuto un’idea unica nei Paesi arabi del Golfo. Vestita con il tradizionale abaya, il velo scuro integrale, si muove tra biancheria di pizzo, creme, vibromassaggiatori e riviste. Tutto materiale «soft» rivolto ai coniugi in cerca di un diversivo che riaccenda la passione.

Nessuna violazione della legge musulmana, assicura Khadija: «Non c’è nulla nell’islam che vieti il piacere sessuale. Chiedete a qualunque religioso e ve lo confermerà». Il nuovo negozio ha avuto prima un lancio su Internet, con la vendita di oggetti sexy per corrispondenza. La merce arriva dagli Stati Uniti e dopo aver superato, non senza qualche difficoltà, le ispezioni della dogana, riempie gli scaffali della boutique piccante di Manama. L’imprenditrice del Bahrein si è anche fatta pubblicità nei talk show televisivi del suo Paese, ma si rivolge esclusivamente a un pubblico adulto: «Tratto solo con adulti dei due sessi e le donne sono in costante aumento - sottolinea -. Se si presentano curiosi e adolescenti non esito a mandarli via».

Forse è proprio sul web che l’intraprendente Khadija ha fiutato l’affare. Non le sarà sfuggito il successo avuto dal primo sex shop online dedicato ai musulmani, che ha aperto lo scorso marzo e ha avuto subito accessi record. «El Asira», che in arabo significa «la società», è la creazione di Abdelaziz Aouragh, un 29enne olandese di genitori marocchini. L’idea vincente e rivoluzionaria del suo sito è quella di un’offerta erotica che rispetti la sharia, la legge islamica. Anche sotto le coperte.

Lo store virtuale si rivolge alle coppie sposate e si presenta con una home page elegante. Uno sfondo in bianco e nero, due cuori, scritte in inglese e in arabo. Una linea centrale invita gli uomini a collegarsi cliccando sulla parte destra e le donne sulla parte sinistra. All’interno oli per i massaggi, lingerie e integratori naturali per stimolare il desiderio sessuale. L’alternativa ortodossa ai siti che, spiega il giovane, «si concentrano sulla pornografia e su un’idea stravagante dell’erotismo». E per questo sono proibiti dall’islam.

Sensualità e Corano sono tutt’altro che inconciliabili, basta superare i tabù con un po’ di fantasia. Lo ha fatto anche Joumana Haddad, scrittrice libanese tra le più importanti autrici arabe contemporanee. Nel 2008 ha preso una strada poco battuta, fondando la rivista Jasad (cioè, «corpo»). Scritta in lingua araba, la pubblicazione ha lo scopo dichiarato di «alzare il velo» dal corpo, considerato dalle religioni, non solo quella musulmana, l’oggetto e il soggetto del peccato. Si occupa di erotismo e di sessualità, di arte e letteratura e ha suscitato in Libano curiosità e ostilità. Anche se la cultura araba non è certo priva di testi erotici, dal Giardino profumato alle Mille e una notte.

Ma è proprio nel cuore spirituale dell’islam, alla Mecca, che nel 2000 è sbarcata la catena di sex shop targata Ann Summers. Il marchio inglese ha ottenuto 22 licenze per aprire negozi in Medio Oriente. Alla Mecca sono ammessi solo i musulmani, che ci vanno per pregare e raccogliersi in meditazione. Non proprio la piazza ideale per completini sexy e creme afrodisiache. Evidentemente però chi lavora nel settore la pensa diversamente e vuole sfruttare un mercato potenzialmente molto ricco. La biancheria intima non è vietata dalla religione, i giochi erotici all’interno della coppia e tra le mura domestiche sono permessi e gli indumenti in pelle non sono fatti con materiale ricavato dai maiali.

Anche se nella città sacra a Maometto il sex shop deve limitarsi alla lingerie.

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