Sgarbi resta un grande a prescindere dalla Rai e dallo share

Caro Granzotto, vorrebbe essere così cortese di darmi qualche lezione di aritmetica? Dunque: Vittorio Sgarbi è stato messo a tacere perché l’hanno seguito «solo» in 2 milioni. Ma quanti dovevamo essere? A quell’ora per le strade delle nostre città v’è un traffico che sembra mezzogiorno. Poi ci sono quelli che sono al cinema, teatro, ristorante e altre attività ludiche. Quelli che lavorano e, infine, quelli che sono a casa. Tolti i bambini e quelli che fanno dell’altro, forse di meglio, rimangono quelli (20 milioni a essere generosi) che guardano la tv. Che offre oltre i 7 classici (rai1, 2 e 3, mediaset1, 4, 5 e La7), anche una miriade di altri canali, che neanche le cito. Orbene, se un programma viene cancellato con «soli» 2 milioni di spettatori, allora per non essere cancellato ne avrà bisogno minimo minimo 4 milioni. Ma già solo 7 per 4 fa 28, non 20. Ergo, avremmo dovuto assistere ad una cancellazione continua, ora in Rai, ora in Mediaset (e taccio di La7). Insomma, non mi ci raccapezzo: mi illumini lei.
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Questa è bella. Un professore come lei che chiede a uno come me - che non sa fare nemmeno una divisione a due cifre (ma per non scontentare i matematici devo aggiungere che la matematica mi affascina, ne apprezzo i misteri svelati e la musicalità, il rigore e la fantasia. Però non so fare le divisioni a due cifre) - di fargli quattro calcoli. Per mia fortuna, nei piani alti di viale Mazzini la matematica è un’opinione e quindi possiamo procedere a cuor leggero. E se le dicessi, caro Battaglia, che me l’aspettavo? Intendo dire il misurato successo di Vittorio Sgarbi? Me l’aspettavo perché son di lungo corso e dunque conosco bene i miei polli. Gente a la quale costituzionalmente fa difetto il senso del branco che si manifesta nella fideistica militanza, nella tifoseria “sinceramente democratica”. In quel trinariciutismo, insomma, ben rappresentato da Giovannino Guareschi nella serie «Obbedienza cieca, pronta e assoluta» («Contrordine compagni! La frase pubblicata sull’Unità: “Questo numero dedicato alla propaganda elettorale è riservato esclusivamente al cesso femminile”, contiene un errore di stampa e pertanto va letto: “...esclusivamente al sesso femminile”»). Fossimo di quella razza lì, Ci tocca anche Sgarbi avrebbe avuto il triplo, il quadruplo del totemico share. Se poi Sgarbi medesimo avesse santoreggiato un po’ assumendo modi e toni del maestrino che ti erudisce il pupo, chissà. Ma in qua caso non sarebbe stato Sgarbi e a noi Sgarbi piace Sgarbi.
Strano modo di procedere, alla Rai. Quelle sono le regole ed io non le discuto, come d’altronde non le ha discusse Vittorio. Però, caspita, come lei dice, caro Battaglia, due milioni di spettatori non sono certo bruscolini. Mi piacerebbe sapere quanti ne collezionò il martire Santoro allorché esordì col suo Samarcanda. Ma è probabile che le regole del gioco siano cambiate e la Rai abbia deciso di sopprimere il rodaggio: o hai sette, otto milioni di telespettatori subito, di primo acchito, o chiudi baracca. Non è proprio un giocare leale perché la misura di tutte le cose (di tutti gli share) è il festival di Sanremo o la partita di coppa, faccende popolari di per sé e lontane le mille miglia da un talk show. E perché il nuovo entrato deve misurarsi, in un duello all’ultimo sangue, con chi ha avuto tutto il tempo, anni e anni, per fidelizzare - brutta parola, ma questo è il vocabolario del marketing - il proprio pubblico. Pazienza, caro Battaglia: è andata così.

Ma se la cattiva mamma Rai ci ha negato il piacere di trasmissione intelligente, share o non share Sgarbi rimane sempre, oltre che un amico, un grande.
Paolo Granzotto

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