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Il signore delle canne ci mette in contatto con Dio

La fabbrica di organi più antica d'Italia è vicina al cimitero di Codroipo: "Cercavo la pace e i cipressi elevano lo spirito"

Il signore delle canne ci mette in contatto con Dio

La bottega di Gustavo Zanin a Codroipo, in provincia di Udine, è una delle poche in Italia a costruire un organo classico in ogni sua singola parte, canne, meccanica, tastiere, decorazioni; gli assemblatori sono numerosi, ma quelli che creano ogni pezzo presidiando la qualità dell'intero ciclo produttivo, si contano sulle dita di una mano. E Zanin ha un primato: la sua fabbrica, fondata nel 1823, è la più antica d'Italia e una delle più antiche d'Europa, e ha ormai raggiunto la settima generazione. Lui, 87 anni brillantemente portati, rappresenta la quinta; dopo di lui, il figlio Francesco, 61 anni, attuale titolare, e il nipote Carlo, 32. In famiglia è dunque assicurato il futuro per un mestiere antico, complesso, più da artista che da artigiano. Fabbricare il suono significa interpretare la storia, ragionare di acustica e di meccanica ma anche di mistica, perchè l'organo è da duemila anni lo strumento più spirituale, al servizio della liturgia, pronto a mettere il fedele in sintonia con Dio.

Dice Zanin: «L'organo è l'unico strumento in cui il suono può prolungarsi in continuo, senza necessità di interruzioni, diventando un fenomeno quasi ipnotico, in grado di favorire concentrazione e preghiera». E rivendica la nobiltà di un lavoro che «dà la voce a Dio»: «Noi trasformiamo il legno e il metallo non in finestre o tubi, ma per ottenere canne che eleveranno gli animi verso il mistero».

In bottega Zanin è praticamente nato. A sei anni era già l'aiutante del padre Francesco per le accordature. Il suo compito era quello di tener premuto un tasto mentre il padre regolava l'emissione dell'aria per ottenere un suono pulito e armonico. Poi, via via, ha cominciato a maneggiare tutte le fasi della produzione. Ha fatto studi tecnici e musicali (pianoforte al Conservatorio di Udine, con Antonietta Marcotti), fino a diventare una figura originale e completa di intellettuale pragmatico. Poche settimane fa gli è stata conferita a Udine la laurea ad honorem in Storia dell'arte e conservazione dei beni storico artistici: a lui che, oltretutto, in Friuli ha salvato e restaurato tanti organi rovinati dal terremoto del 1976. Dei giovani dice, con saggezza un po' conservatrice, che «l'eccesso di scolarizzazione porta via la manualità», ovvero che vanno troppo a scuola e troppo tardi in bottega. Cita Anassagora: «Penso perchè ho le mani», cioè: senza poter essere realizzati i concetti restano astratti.

La fabbrica sorge vicino al cimitero di Codroipo «perchè cercavo pace e silenzio, e i cipressi elevano lo spirito». Il legno del cipresso, detto per inciso, è pregiato e viene usato per varie parti dell'organo. In questo stabilimento, dove oggi lavorano 16 dipendenti, Gustavo si è trasferito nel 1958, quando ha deciso di continuare in proprio l'attività di famiglia, dividendosi dai cugini.

Nella sua lunga carriera ha costruito e restaurato più di 400 organi e restaurare alle volte è più impegnativo che fabbricare ex novo. Il più grande, montato nel 1964 nella chiesa dei Salesiani di Lisbona, dispone di 5mila canne; il più importante è quello installato nel 1993 nel Duomo di Salisburgo, simbolico perchè nel cuore di una delle capitali della musica; uno dei più belli è a Milano, nella Chiesa di San Babila (2008). Nessun organo è uguale all'altro. Già il disegno architettonico, anch'esso fatto in casa, deve essere coerente con l'ambiente: una chiesa antica ha esigenze estetiche diverse rispetto a una sala da concerti moderna. Così gli organi possono essere in stile gotico, barocco o spingersi a geometrie taglienti, ma sempre con l'immagine classica data dalle file regolari di canne. Le dimensioni devono essere adeguate all'ambiente, con una potenza sonora equilibrata.

I clienti sono sempre stati prevalentemente vescovi e parroci («la mia collezione di santini non ha pari», dice sorridendo) e questo, negli anni Settanta, è diventato motivo di crisi per l'azienda. «La liturgia era cambiata, i grandi organi venivano quasi ripudiati e la Chiesa disponeva di fondi sempre più scarsi», ricorda con amarezza. Per Zanin, il cui carattere è tutt'altro che arrendevole, fu un'occasione di sfida e di svolta. Studiò elettronica - sembra quasi un'aberrazione - e cominciò a progettare e a fabbricare organi elettronici che imitavano perfettamente, nel suono e nei suoi difetti quelli meccanici. Ne presentò uno alla Fiera di Milano, camuffato con canne e decori classici: tanto ben riuscito, che nessuno capì di avere di fronte un falso. Ma quando i committenti sappero che costava due terzi in meno di uno strumento tradizionale, cominciarono a fioccare gli ordini. «Fui boicottato dalle Soprintendenze, ma riuscii a far sopravvivere la bottega» racconta oggi con sollievo; bottega che intanto continuava a produrre canne e altri pezzi rifornendo fabbriche tedesche. In pochi anni furono consegnati più di 60 di questi ibridi, tra mille critiche e resistenze.

E questo portò, alla fine, al grande capolavoro di Gustavo Zanin: il passaggio generazionale, uno dei momenti più delicati per ogni impresa familiare. «Mio figlio primogenito Francesco era già in azienda e si vergognava di questi elettrodomestici da chiesa, come li chiamava, e diceva che, con i nuovi sistemi, avevo tradito la tradizione, alla quale invece lui credeva tenacemente». Gustavo realizzò che il figlio era la persona giusta per andare avanti: «Non volevo fare il padre padrone. Restai zitto a soffrire di questa specie di eutanasia».

Gustavo ha avuto ragione. Francesco, con il quale il rapporto è affettuoso e profondo, ha portato l'azienda a livelli mai raggiunti in due secoli di storia e ha saputo riequilibrare il mix della clientela, che oggi solo per metà è rappresentata dalla Chiesa. Il resto degli strumenti va a scuole, conservatori, sale da concerto in tutto il mondo.

Oggi in bottega sono in lavorazione uno strumento in stile tedesco da 2.500 canne per un Conservatorio di Tokio, uno per il Conservatorio di Bari da 4600 canne, tre tastiere e 50 registri, uno piccolino per un convento di suore, solo 180 canne e tre registri; dice Gustavo: «Quando la misura è contenuta il suono è più scoperto e quindi la sua qualità dev'essere ancora più eccellente».

E poi c'è, a buon punto, un organo in stile veneziano da 2mila canne, destinato a un privato in Giappone: perchè lì, come a Las Vegas, è fiorente l'industria dei matrimoni e in una chiesa barocca in cartongesso non può mancare il timbro della grande civiltà musicale italiana.

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